Incassare l’assegno detenuto a garanzia di pagamento: è appropriazione indebita

E’ usuale, nella prassi contrattuale, che il debitore consegni al suo creditore uno o più assegni bancari, privi di data o postdatati, a fini di garanzia dell’adempimento del credito.

L’art. 31 del R.D. 21.12.1939 n. 1735, recante disposizioni sull’assegno, prevede come la postdatazione non comporti di per sé la nullità dell’assegno bancario, ma soltanto la nullità del relativo patto per contrarietà a norme imperative poste a tutela della buona fede e della regolare circolazione dei titoli di credito, potendo – pertanto – il creditore esigere immediatamente il suo pagamento (cfr. ex multis Cass. Civ., Sez. III, 03.03.2010 n. 5069).

Secondo l’orientamento assunto dai giudici di legittimità, tuttavia, la disciplina sull’assegno e, segnatamente, la regola contenuta nell’art. 31 già cit. non escludono che le parti di un rapporto giuridico, nella loro autonomia negoziale, possano utilizzare l’assegno bancario, anziché nella sua funzione tipica di titolo di credito destinato a circolare secondo le modalità cogenti di detta disciplina, come mero strumento di garanzia per l’adempimento delle obbligazioni pattuite, prevedendo – in caso di inadempienze – un apposito patto di riempimento a favore del creditore che potrà, quindi, da quel momento, considerarsi legittimo possessore e porre in circolazione il titolo, ovvero conferendo a questo valore sostanziale di promessa di pagamento utilizzabile, in detta evenienza, nei modi consentiti dalla legge come prova del credito  ex art. 1988 cod. civ. (v. Cass. Pen. Sez. II, 29.02.2000 n. 1151).

In tali evenienze, a fronte dell’inadempimento del debitore, il creditore sarà certamente legittimato ad esercitare, a fini di garanzia del credito, il diritto di ritenzione sull’assegno a tal fine rilasciatogli e da lui detenuto legittimamente in ragione del rapporto obbligatorio; potrebbe, invece, scattare la configurabilità del reato di appropriazione indebita, allorché egli compia sul bene atti di disposizione che rivelino l’intenzione di convertire il possesso in proprietà (Cass. Pen. Sez. II, 23.03.2011 n. 17295).

Nessun reato, dunque, a carico del creditore che rifiuti di consegnare i titoli di credito al suo emittente, al fine di procacciarsi prova scritta del proprio credito ed agire in tribunale per richiedere un decreto ingiuntivo nei confronti del debitore. Diversamente, ove il creditore porti invece all’incasso l’assegno, in violazione dello specifico patto di garanzia o in assenza di un patto espresso sottoscritto con l’emittente, commetterà il delitto di appropriazione indebita p. e p. dall’art. 646 c.p. (v. Cass. Pen. Sez. VI, 10.10.2006 n. 757 e Cass. pen. sez. II, 15.01.2014 n. 5643).

Pubblicato da Valeria Citraro

Laureata in Giurisprudenza con 108/110 presso l'Università degli Studi di Catania, con tesi in Diritto Processuale Penale dal titolo "La chiamata in correità. Struttura e Valutazione Probatoria". Abilitata all'esercizio della professione forense il 30/09/2016 con votazione 405/420.