Il recupero del credito professionale del difensore d’ufficio

In materia di recupero del credito professionale del difensore d’ufficio, l’art. 31 disp. att. c.p.p. dispone che, “fermo quanto previsto dalle norme sul gratuito patrocinio, l’attività del difensore di ufficio deve essere in ogni caso retribuita”.

Del resto, lo stesso art. 369 bis c.p.p. (informazione sul diritto di difesa) dispone che  l’indagato venga informato dell’obbligatorietà della difesa tecnica nel processo penale e per quanto concerne il difensore d’ufficio si prevede l’indicazione dell’obbligo di retribuire il difensore d’ufficio ove non sussistano le condizioni per accedere al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, con l’avvertimento che in caso di insolvenza si procederà ad esecuzione forzata.

In caso di insolvenza dell’assistito, per il recupero del credito professionale del difensore d’ufficio, occorre effettuare una distinzione tra imputato reperibile ed imputato irreperibile.

Recupero del credito professionalità da imputato reperibile

In caso di reperibilità dell’imputato,  l’art 116 DPR n. 115/02 (T.U. spese di giustizia) prevede che il pagamento del compenso all’avvocato nominato d’ufficio sia a carico dello Stato, “quando il difensore dimostri di aver esperito inutilmente le procedure per il recupero del credito“.

La norma testé citata dà sostanzialmente concretezza al diritto al recupero del credito professionale del difensore d’ufficio, stabilendo il previo dovere, per lo stesso difensore, di attivarsi tentando di esperire le procedure civilistiche per il recupero dei suoi crediti professionali. La norma stabilisce il principio che la corresponsione degli onorari al difensore d’ufficio viene anticipata dallo Stato e questo principio trova contemperamento proprio nella preventiva e necessaria attivazione dello stesso difensore d’ufficio-creditore.

Lo Stato potrà successivamente ripetere queste somme dall’interessato, salvo che costui possa godere del patrocinio a spese dello Stato. E’ inoltre previsto dalla medesima disposizione che le procedure esperite dal difensore d’ufficio per il recupero dei crediti professionali siano esenti da bolli, imposte e spese.

Non è sufficiente la messa in mora o la raccomandata di richiesta di pagamento; la legge recita procedure al plurale e lo stesso art. 369 bis c.p.p. opera riferimento all’esecuzione forzata. In pratica, per ottenere il pagamento dei propri compensi, il difensore dovrà:

  • innanzitutto, redigere la parcella, prestando attenzione a non  superare i valori medi di retribuzione;
  • inviare una lettera di costituzione in mora del debitore;
  • in caso di mancato riscontro della diffida, incardinare il procedimento civile di accertamento del credito (ricorso per decreto ingiuntivo o citazione);
  • dopo aver ottenuto il titolo esecutivo per il recupero del credito, notificare l’atto di precetto al debitore;
  • procedere per il pignoramento mobiliare;
  • estrarre visura presso la Conservatoria RR.II competente per il luogo di residenza del debitore;
  • richiedere informative all’Ufficio del Lavoro analogamente competente.
Qualora l’esecuzione mobiliare si sia rivelata infruttuosa, il soggetto sia risultato privo di proprietà immobiliari (nel qual caso sarebbe possibile il pignoramento dell’immobile) e non siano note sue ragioni di credito (stipendio, conto corrente bancario ecc., aggredibili nelle forme del pignoramento presso terzi), potrà inoltrarsi istanza di liquidazione al magistrato procedente, allegandovi: la parcella;.copia della documentazione dell’attività svolta (verbali di causa, sentenza ed altri atti processuali); titolo esecutivo e precetto ritualmente notificati; verbale di pignoramento mobiliare negativo; visura Conservatoria RR.II; certificazione Ufficio del Lavoro.

Recupero del credito professionalità da imputato irreperibile

Nel caso di indagato, imputato o condannato irreperibile, ai sensi dell’art. 32 disp. att. c.p.p., il difensore d’ufficio è retribuito secondo le norme relative al patrocinio a spese dello Stato, salvo anche in questo caso il diritto dello Stato alla ripetizione delle somme anticipate, nel caso di successiva reperibilità del soggetto.

L’art. 117 DPR n.115/02, a sua volta, prevede che l’onorario e le spese spettanti al difensore di ufficio della persona irreperibile siano liquidati dal magistrato (nella misura e con le modalità previste dall’articolo 82 ed è ammessa opposizione ai sensi dell’articolo 84), senza che sia necessario alcun tentativo di recupero del credito. Sarà dunque sufficiente allegare alla richiesta di liquidazione, la documentazione dell’attività svolta, il decreto di irreperibilità e la parcella.

La procedura semplificata prevista per l’imputato irreperibile è praticabile soltanto nei confronti dell’imputato dichiarato processualmente irreperibile e non anche per colui che lo sia di fatto. Peraltro tale disposizione non si estenderebbe neppure al latitante.

Tuttavia si pone il caso non infrequente del soggetto che non è irreperibile perché ha eletto domicilio (spesso si tratta di cittadini stranieri che eleggono domicilio presso il difensore stesso), ma che lo sia di fatto, non avendo ad esempio fissa dimora.

In queste situazioni di irreperibilità di fatto, ci si è chiesti se il difensore d’ufficio, per conseguire la liquidazione dei propri onorari, debba egualmente dimostrare di aver infruttuosamente intrapreso l’azione intesa al recupero il credito, o possa invocare l’applicazione della procedura semplificata ex art. 117 DPR n.115/02.

La questione, invero, pare doversi più correttamente affrontare non già in punto di applicazione dell’art.117, quanto piuttosto sotto il profilo della prova di impossibilità di recupero richiesta dall’art. 116 comma 1. Pertanto, il difensore dovrà documentare, con prove che saranno diverse a seconda del caso, l’impossibilità di esperire le procedure di recupero, quali ad esempio ricerche anagrafiche, notifica senza esito del decreto ingiuntivo al domicilio eletto, e altri elementi, come la clandestinità o la mancanza di documenti personali, risultanti dagli atti.

Pubblicato da Valeria Citraro

Laureata in Giurisprudenza con 108/110 presso l'Università degli Studi di Catania, con tesi in Diritto Processuale Penale dal titolo "La chiamata in correità. Struttura e Valutazione Probatoria". Abilitata all'esercizio della professione forense il 30/09/2016 con votazione 405/420.