Indebita percezione di erogazioni ai danni dello Stato, art. 316 ter cp.

Il reato di Indebita percezione di erogazioni ai danni dello Stato, p. e p. dall’art. 316 ter cp., tutela gli interessi finanziari della P.A. (il c.d. buon andamento finanziario). È un reato comune che si realizza a danno dello Stato o di altri enti pubblici o l’UE.

“Salvo che il fatto costituisca il reato previsto dall’articolo 640bis, chiunque mediante l’utilizzo o la presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero mediante l’omissione di informazioni dovute, consegue indebitamente, per sé o per altri, contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati dallo Stato, da altri enti pubblici o dalle Comunità europee è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni” (…) .

La norma in esame è stata inserita dal legislatore al fine di estendere la punibilità a condotte che difettino degli estremi della truffa aggravata ai danni dello Stato di cui all’art. 640 bis, trovando la norma de qua applicazione per le condotte in cui vi siano situazioni qualificate dal mero silenzio antidoveroso o dall’induzione in errore dell’autore della disposizione patrimoniale.

Da tale qualificazione discende che l’art. 316 ter c.p. trova applicazione in ipotesi assolutamente marginali, in cui tra l’altro non vi è un accertamento effettivo dei presupposti da parte dell’ente erogatore, il quale dunque si rappresenta solamente l’esistenza della formale dichiarazione del richiedente.

Il reato si consuma con il conseguimento indebito di pubbliche erogazioni ottenuto con particolari modalità di azione descritte dalla norma, realizzabili in via alternativa in quanto condotte equivalenti.

La condotta tipica è infatti duplice: consiste nell’utilizzo o nella presentazione di dichiarazioni o documenti falsi o attestanti cose non vere o nell’omissione di informazioni dovute, rendendosi dunque necessario il rimando a norme extrapenali che pongono in capo al soggetto un obbligo di verità. Si tratta di condotte che integrano rispettivamente il falso o mendacio e il silenzio antidoveroso, che vengono punite in quanto conducono all’effettivo conseguimento delle erogazioni.

Le informazioni la cui omissione integra il delitto de quo devono essere dovute, ovvero espressamente richieste dall’ente erogatore nel corso dell’istruttoria finalizzata alla concessione.

Ai sensi del 2° comma dell’art. 316 ter c.p., se la somma ottenuta è pari od inferiore a 3.999,00 euro , la condotta tenuta non integra reato, ma solo un illecito amministrativo. Il superamento della soglia quantitativa, oltre la quale l’illecito amministrativo integra il reato, non configura una condizione obiettiva di punibilità, ma un elemento costitutivo della fattispecie, e come tale, deve essere oggetto di rappresentazione e volontà (Cass. n. 38292/2015).

L’art. 316 ter rispetto all’art. 640 c.p., si ritiene, sia norma sussidiaria, attesa la clausola di sussidiarietà inserita nell’incipit della norma. Per quanto riguarda invece il concorso con il reato di cui all’art. 316 bis, si ricordi che quest’ultima fattispecie opera in una fase distinta da quella in cui si esplica il reato in esame, ovvero in quella della richiesta dei contributi e non quella della loro successiva utilizzazione.

Pubblicato da Valeria Citraro

Laureata in Giurisprudenza con 108/110 presso l'Università degli Studi di Catania, con tesi in Diritto Processuale Penale dal titolo "La chiamata in correità. Struttura e Valutazione Probatoria". Abilitata all'esercizio della professione forense il 30/09/2016 con votazione 405/420.