Le cause di esclusione della colpevolezza o scusanti: artt. 45 e 46 c.p.

Le cause di esclusione della colpevolezza o scusanti conseguono l’effetto di ritenere non colpevole un fatto tipico ed antigiuridico.

Esse vanno individuate in tutte quelle circostanze anormali, capaci di condizionare l’agente impedendogli di conformare il proprio comportamento alla regola precauzionale da osservare nel caso concreto. Le cause di esclusione della colpevolezza si fondano, pertanto, sull’inesigibilità di un determinato comportamento in presenza di talune situazioni, precludendo il giudizio di rimproverabilità personale per la condotta antidoverosa tenuta.

Al pari delle scriminanti, le scusanti si pongono all’interno della struttura dell’illecito, ma incidono sull’elemento soggettivo.

Essere ricomprendono: il caso fortuito, la forza maggiore, il costringimento fisico e l’errore. In questa sede, tuttavia, ci si focalizzerà soltanto sul caso fortuito, sulla forza maggiore e sul con stringimento fisico.

Caso fortuito

Non è punibile chi ha commesso il fatto per caso fortuito o per forza maggiore, recita testualmente l’art. 45 c.p. Invero di controversa collocazione dogmatica si presenta l’istituto del caso fortuito, in quanto secondo alcuni rientrerebbe nell’ambito della colpevolezza, secondo altri in quello della causalità.

In particolare, secondo i fautori della c.d. teoria oggettiva il caso fortuito altro non sarebbe se non una delle cause sopravvenute da sole sufficienti a produrre l’evento, e come tale idonea a interrompere il nesso di causalità ai sensi dell’ art. 41 co. 2 c.p. Evidente, però, come così opinando l’art. 45 c.p. rappresenterebbe una norma inutile.

Secondo alcuni invece, non si tratterebbe di una norma inutile, poiché esso riguarderebbe non solo le cause sopravvenute (le uniche prese in considerazione dal già citato comma 2 dell’art. 41), ma anche quelle preesistenti e concomitanti rispetto alla condotta.

Nonostante la precisione da ultimo richiamata, la teoria oggettiva è stato oggetto di diverse critiche. Innanzitutto la collocazione dell’art. 45 nell’ambito della disciplina della colpevolezza lascia pensare che tale norma ad essa si riferisca; secondariamente, dal punto di vista lettera la norma in commento utilizza il verbo commettere, lasciando intendere che essa presupponga necessariamente il rapporto di causalità; inoltre, si è evidenziato che l’interpretazione data attraverso la teoria oggettiva finisce per circoscrivere l’operatività della norma ai solo reati di evento, mentre l’art. 45 si riferisce a qualsiasi fattispecie di reato.

Per tali ragioni, dottrina e giurisprudenza prevalente sostengono la c.d. teoria soggettiva, secondo cui il caso fortuito costituisce un fatto per sua natura imprevedibile ed inevitabile, che come tale impedisce di formulare in capo al soggetto un addebito a titolo di colpa, né tantomeno a titolo di dolo.

Segnatamente la giurisprudenza sottolinea come incomba sempre sul giudice il dovere di accertare se il caso fortuito avrebbe determinato anche nell’agente modello il mancato rispetto del dovere oggettivo di diligenza, o se invece questi avrebbe potuto, usando l’ordinaria diligenza necessaria, prevenire situazioni del tipo di quella verificatasi e impedire l’evento. Va precisato che secondo un certo orientamento, l’onere della prova circa l’esistenza del caso fortuito grava sull’imputato.

È stata altresì da taluni sostenuta la teoria mista, secondo la quale il caso fortuito è un istituto polivalente ed assume rilevanza diversa a seconda del momento in cui si inserisce. In particolare, il caso fortuito antecedente o concomitante alla condotta rileverebbe sul piano soggettivo escludendo la colpevolezza, atteso che incide sulla fase formativa della volontà; il caso fortuito sopravvenuto invece escluderebbe la responsabilità dell’agente sul piano oggettivo, ex art. 41 co. 2 c.p.

Guardando alla casistica giurisprudenziale, interessante rilevare come in tema di circolazione stradale e di responsabilità del conducente di autoveicolo, il malore del guidatore repentinamente ed improvvisamente insorto vada considerato sotto il profilo dell’imputabilità e non del caso fortuito, poiché tale stato morboso azzera la capacità di autodeterminazione dell’agente così non realizzando quelle condizioni minime che l’art. 42 c.p. richiede perché un fatto umano , astrattamente costitutivo di reato, divenga penalmente rilevante (cfr. Cass. Pen. 32931/2004).

Forza Maggiore

La forza maggiore (vis cui resisti non potest) si distingue dal caso fortuito: mentre il caso fortuito consiste in un quid imponderabile e imprevedibile che si inserisce d’improvviso nell’azione del soggetto, privandolo della capacità di tenere la condotta dovuta, la forza maggiore si concreta in un evento derivante dalla natura o dall’uomo che, pur se preveduto, non può essere impedito. In altri termini: l’imprevedibilità sta al caso fortuito, come l’irresistibilità sta alla forza maggiore.  Si noti, inoltre, come per potersi parlare di forza maggiore occorra non una mera difficoltà a tenere la condotta dovuta, ma una vera e propria impossibilità.

La forza maggiore inoltre, a differenza del caso fortuito che esclude l’elemento soggettivo del reato, esclude la coscienza e volontà (c.d. suitas) della condotta, precludendo così a monte l’accertamento dell’elemento soggettivo.

Si è rilevato infatti che mentre nelle ipotesi di caso fortuito sussiste una condotta cosciente e volontaria benché incolpevole, nel caso della forza maggiore manca del tutto un comportamento umano attribuibile all’agente, in quanto essa costituirebbe una condizione di costrizione assoluta ad agire che esclude del tutto il potere di signoria dell’autore sulla propria condotta (esclusione della suitas ex art. 42 c.p.).

Secondo l’orientamento prevalente in giurisprudenza, le difficoltà economiche in cui versa il soggetto agente non sono in alcun modo riconducibili al concetto di forza maggiore, sebbene ciò sia stato talvolta da alcuni sostenuto. La forza maggiore postula infatti qualcosa che esuli del tutto dalla condotta dell’agente. Così ad es. si tende a escludere l’efficacia scusante dello stato di difficoltà economica dell’impresa in materia di violazione di norme antinfortunistiche o in materia di inosservanza degli obblighi imposti dalla legge in materia di inquinamento (v. Cass. 3124/2014; 3244/1997; 643/1985).

Costringimento fisico

L’art. 46 c.p. dispone che non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto , mediante violenza fisica alla quale non poteva resistere o comunque sottrarsi. Colui che commette il fatto quindi è solo apparentemente l’autore, essendo in realtà un mero strumento dell’agire altrui, in quanto il suo potere di agire è cancellato dalla violenza fisica esercitata da un altro soggetto, che sarà infatti colui che verrà chiamato a rispondere del reato.

Dal costringimento fisico va distinto il costringimento psichico. Mentre nel primo è esclusa la possibilità di agire, nel secondo il soggetto minacciato agisce volontariamente, sebbene in virtù di un processo motivazionale alterato dalla pressione morale su di lui esercitata. L’art. 54, co. 3 c.p. circoscrive entro limiti definiti la rilevanza della scusante della minaccia sotto la cui spinta è stato commesso il fatto, prescrivendo che la vis compulsiva debba assumere i connotati dello stato di necessità.

Tornando invece al costringimento fisico, per quanto riguarda la responsabilità dell’autore della violenza, respinta ormai la tesi dell’autore mediato, si ritiene trattarsi di un’ipotesi speciale di concorso nel reato. Secondo l’opinione prevalente la responsabilità per il reato in capo al suddetto individuo concorre con quella di cui all’art. 611 c.p., che punisce il mero uso della violenza o della minaccia per costringere o determinare altri a commettere reato, il quale risulterà applicabile anche quando la vittima non esegua il reato o il reato sia impossibile.

Pubblicato da Valeria Citraro

Laureata in Giurisprudenza con 108/110 presso l'Università degli Studi di Catania, con tesi in Diritto Processuale Penale dal titolo "La chiamata in correità. Struttura e Valutazione Probatoria". Abilitata all'esercizio della professione forense il 30/09/2016 con votazione 405/420.