Misure cautelari minorili

In tema di misure cautelari minorili, l’art. 19 del DPR 448/88 prevede espressamente che al minorenne non possono essere applicate misure cautelari personali diverse da quelle previste dallo stesso decreto, ovvero: prescrizioni in libertà, permanenza in casa, collocamento in Comunità e, infine, custodia cautelare presso un Istituto Penale Minorile.

Nel disporre la misura il giudice deve tener conto, oltre che dei criteri indicati nell’articolo 275 del codice di procedura penale, dell’esigenza di non interrompere i processi educativi in atto.

Prescrizioni

Consistono nell’imposizione al minore di obblighi inerenti alle attività di studio, di lavoro o ad altre attività utili per la sua educazione, aventi la durata massima di due mesi (decorso il termine decadono ipso iure) e rinnovabili una volta sola con ordinanza motivata.

Nell’ipotesi di gravi e ripetute violazioni di tali prescrizioni il giudice può disporre la misura della permanenza in casa.

Permanenza in casa

Consiste nell’obbligo di rimanere presso la propria abitazione o presso altro luogo di privata dimora. La misura può essere integrata con altre prescrizioni, quali limitazione e/o divieto della facoltà del minore di comunicare con persone diverse da quelle che con lui coabitano.

Tuttavia, il giudice può anche consentire al minore di allontanarsi dalla propria abitazione o da altro luogo di privata dimora per andare a scuola o seguire altro corso formativo.

I genitori o le persone nella cui abitazione è disposta la permanenza del minorenne vigilano sul suo comportamento. Essi devono consentire gli interventi di sostegno e di controllo dei servizi previsti dall’articolo 6 nonché gli eventuali ulteriori controlli disposti dal giudice.

Il minorenne a cui è imposta la permanenza in casa è considerato in stato di custodia cautelare, ai soli fini del computo della durata massima della misura, a decorrere dal momento in cui la misura è eseguita ovvero dal momento dell’arresto, del fermo o dell’accompagnamento. Il periodo di permanenza in casa è computato nella pena da eseguire, a norma dell’articolo 657 del codice di procedura penale.

Nel caso di gravi e ripetute violazioni degli obblighi a lui imposti o nel caso di allontanamento ingiustificato dall’abitazione, il giudice può disporre la misura del collocamento in comunità.

Collocamento in Comunità

La misura consiste nel ricovero del minore in una struttura pubblica o autorizzata allo scopo di impedirgli la libera circolazione e garantirgli una vigilanza continuativa, con l’imposizione eventuale di specifiche prescrizioni inerenti alle attività di studio o di lavoro ovvero ad altre attività utili per la sua educazione.

Mentre per comunità pubblica si intende quella direttamente organizzata dai Centri per la Giustizia Minorile o in concerto con gli Enti Pubblici; per comunità autorizzata, si indica quella frutto di accordi tra i centri per la Giustizia Minorile e le strutture che operano nel campo adolescenziale, riconosciute dalla Regione Competente.

Nel caso di gravi e ripetute violazioni delle prescrizioni imposte o di allontanamento ingiustificato dalla comunità, il giudice può disporre la misura della custodia cautelare, per un tempo non superiore a un mese, qualora si proceda per un delitto per il quale è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni;.

L’allontanamento del minore dalla comunità non integra gli estremi del reato di evasione.

Custodia cautelare in carcere

La custodia cautelare può essere applicata quando si procede per delitti non colposi per i quali la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione non inferiore nel massimo a nove anni. Anche fuori dei casi predetti, la custodia cautelare può essere applicata quando si procede per uno dei delitti, consumati o tentati, previsti dall’articolo 380, co. 2, c.p.p. lett. e), f), g), h) nonché, in ogni caso, per il delitto di violenza carnale.

Ai sensi del co. 3 dell’art. 23, D.P.R. 448/1998, i termini previsti dall’articolo 303 c.p.p. sono ridotti della metà per i reati commessi da minori degli anni 18 e dei due terzi per quelli commessi da minori degli anni 16 e decorrono dal momento della cattura, dell’arresto, del fermo o dell’accompagnamento.

Se l’imputato è scarcerato per decorrenza dei termini, il giudice può imporre le prescrizioni in libertà (v. supra).

Pubblicato da Valeria Citraro

Laureata in Giurisprudenza con 108/110 presso l'Università degli Studi di Catania, con tesi in Diritto Processuale Penale dal titolo "La chiamata in correità. Struttura e Valutazione Probatoria". Abilitata all'esercizio della professione forense il 30/09/2016 con votazione 405/420.