La non punibilità per tenuità del fatto non si applica alla ricettazione, nemmeno se attenuata (Cass. II, 23419/2017)

Cassazione sez. II, Sentenza n. 23419 ud. 20/04/2017 (deposito del 12/05/2017) – Ricettazione – Circostanza attenuante di cui all’art. 648, comma 2, cod. pen. – Applicabilità della causa di non punibilità per tenuità del fatto – Esclusione.

La Seconda Sezione della Cassazione ha affermato che la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto non è applicabile al reato di ricettazione anche nel caso in cui sia riconosciuta la circostanza attenuante del fatto di particolare tenuità, di cui al secondo comma dell’art. 648 cod. pen.

Il Caso – L’imputato veniva condannato in appello per ricettazione di un motociclo, con l’attenuante di cui all’art. 648 cpv. Avverso detta sentenza, proponeva ricorso in Cassazione il difensore dello stesso, lamentando violazione di legge e vizio di motivazione, in quanto la Corte d’appello avrebbe dovuto fare applicazione dell’art. 131 bis, comma 5, c.p. ed applicare, conseguentemente, la causa di non punibilità ivi prevista.

La decisione della Corte – La Corte di Cassazione, con la sentenza in epigrafe individuata, dichiarava il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza, posto che l’art. 131 bis c.p. stabilisce espressamente al primo comma che la causa di non punibilità per tenuità del fatto è applicabile a tutti i reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria sola o congiunta alla predetta pena. Il successivo quarto comma della medesima norma aggiunge, poi, che ai fini della determinazione della pena detentiva prevista nel primo comma non si tiene conto delle circostanze, ad eccezione di quelle per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato e di quelle ad effetto speciale.

Evidente dunque – prosegue la Corte – la necessità di escludere che all’ipotesi di ricettazione attenuata di cui all’art. 648 cpv c.p., possa applicarsi l’art. 131 bis c.p. e ciò in considerazione del limite di pena massima, pari ad anni sei, stabilito dalla stessa, superiore a quello previsto dal primo comma citato dell’art. 131 bis c.p.

Scarica il testo integrale della sentenza: 23419_05_2017_Cass_II

Pubblicato da Valeria Citraro

Laureata in Giurisprudenza con 108/110 presso l'Università degli Studi di Catania, con tesi in Diritto Processuale Penale dal titolo "La chiamata in correità. Struttura e Valutazione Probatoria". Abilitata all'esercizio della professione forense il 30/09/2016 con votazione 405/420.