SMS, Email e messaggi WhatsApp hanno natura di prova documentale

I dati informatici acquisiti dalla memoria del telefono in uso all’imputato (sms, messaggi WhatsApp, messaggi di posta elettronica “scaricati” e/o conservati nella memoria dell’apparecchio cellulare, etc.) hanno natura di documenti ai sensi dell’art. 234 c.p.p. Pertanto, la relativa attività acquisitiva non soggiace né alle regole stabilite per la corrispondenza, né tanto meno alla disciplina delle intercettazioni telefoniche. Così è stato recentemente affermato dalla Cassazione con sentenza n. 1822/2018.

Secondo l’insegnamento della Corte di legittimità non è applicabile la disciplina dettata dall’art. 254 c.p.p. con riferimento a messaggi WhatsApp e SMS rinvenuti in un telefono cellulare sottoposto a sequestro, in quanto questi testi non rientrano nel concetto di “corrispondenza”, la cui nozione implica un’attività di spedizione in corso o comunque avviata dal mittente mediante consegna a terzi per il recapito (Cass. Sez. III, n. 928 del 25/11/2015).

Né è configurabile un’attività di intercettazione, che postula, per sua natura, la captazione di un flusso di comunicazioni in corso, mentre nel caso di specie ci si è limitati ad acquisire ex post il dato, conservato in memoria, che quei flussi documenta.

Cassazione sez. V, sentenza n. 1822 del 16.01.2018.

Pubblicato da Valeria Citraro

Laureata in Giurisprudenza con 108/110 presso l'Università degli Studi di Catania, con tesi in Diritto Processuale Penale dal titolo "La chiamata in correità. Struttura e Valutazione Probatoria". Abilitata all'esercizio della professione forense il 30/09/2016 con votazione 405/420.