I mezzi di impugnazione penale in generale

L’atto di impugnazione è lo strumento con il quale una parte processuale chiede che un provvedimento, dalla stessa ritenuto ingiusto, venga riesaminato.

Le regole generali in materia di impugnazioni sono contenute all’articolo 586 c.p.p., il quale dispone innanzitutto che sia la legge a stabilire i casi in cui è possibile impugnare un provvedimento del giudice e il mezzo attraverso il quale promuovere l’impugnazione (c.d. principio di tassatività delle impugnazioni). Sono sempre soggetti a ricorso per Cassazione, quando non sono altrimenti impugnabili, i provvedimenti con i quali il giudice decide sulla libertà personale e le sentenze, fatta eccezione per quelle sulla competenza, che possono determinare un conflitto di giurisdizione o di competenza (art. 568 comma 2 c.p.p.).

Mezzi di impugnazione: classificazione

I mezzi di impugnazione si distinguono in:

  • ordinari, ovvero esperibili prima che il provvedimento sia passato in giudicato (appello e ricorso per cassazione);
  • straordinari, ovvero esperibili contro un provvedimento passato in giudicato (es. revisione e revoca della sentenza di non luogo a procedere);
  • di merito, ovvero quelli dirette ad una rivalutazione dei fatti oggetto della controversia;
  • di legittimità, ovvero quelli volti a verificare eventuali violazioni di legge nel giudizio precedente (l’unico mezzo di impugnazione di legittimità previsto nel nostro ordinamento è il ricorso per Cassazione; a tale organo, pertanto, compete assicurare l’uniforme interpretazione e applicazione del diritto);
  • a critica vincolata, ovvero quelli concessi solo per far valere errori o vizi in senso stretto, specificatamente indicati dal legislatore (es. Ricorso per Cassazione);
  • a critica libera, ovvero quelli concessi per far valere anche errori o vizi comprensivi della sola ingiustizia della decisione (l’unico mezzo di impugnazione rientrante in questa seconda categoria è l’appello);
  • principali, ovvero quelli proposti in via principale e quindi con l’effetto di instaurare il nuovo grado di giudizio;
  • incidentali, ovvero quelli proposti in via incidentale in un procedimento già instaurato;

Mezzi di impugnazione : i soggetti legittimati ad impugnare

Anche i soggetti legittimati a impugnare vengono espressamente indicati dalla Legge, sicché l’impugnazione è riservata esclusivamente ai quei soggetti cui la legge espressamente riconosce tale diritto, fermo restando che per impugnare la parte deve avervi interesse.

In un sistema processuale preoccupato di deflazionare il carico dei processi, è infatti necessario che in capo al soggetto impugnante sussista un interesse concreto, diretto e personale all’impugnazione, sussistente tutte le volte in cui la modifica richiesta del provvedimento impugnato produca un effetto pratico più vantaggioso per la parte legittimata a proporre l’impugnazione.

Possono proporre l’impugnazione:

  • il Pubblico Ministero (art. 570 c.p.p.);
  • l’imputato (art. 571 c.p.p.);
  • la parte civile, la persona offesa (anche quando non costituita parte civile), nonché gli enti le associazioni rappresentativi di interessi lesi dal reato intervenuti a norma degli artt. 93 e 94 c.p.p che presentino una richiesta motivata al P.M. “di proporre impugnazione ad ogni effetto penale (art. 572 c.p.p.);
  • il responsabile civile “contro le disposizioni della sentenza riguardanti la responsabilità dell’imputato e contro quelle relative alla condanna di questi e del responsabile civile alle restituzioni, al risarcimento del danno e alla rifusione delle spese processuali”, nonché contro “le disposizioni della sentenza di assoluzione relative alle domande proposte per il risarcimento del danno e per la rifusione delle spese processuali” (art. 575 c.p.p);
  • la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria, nel caso in cui sia stata condannata (art. 575 co. 2 c.p.p);
  • la parte civile e il querelante condannato alle spese e ai danni “contro i capi della sentenza di condanna che riguardano l’azione civile e, ai soli effetti della responsabilità civile, contro la sentenza di proscioglimento pronunciata nel giudizio”, inoltre, “contro la sentenza pronunciata a norma dell’art 442 c.p.p. (decisione nel giudizio abbreviato) quando ha acconsentito alla abbreviazione del rito”.

Mezzi d’impugnazione : forma e contenuto

Ai sensi dell’art. 581 c.p.p., l’impugnazione va proposta con atto scritto che contenga l’indicazione del provvedimento impugnato, della data e del giudice che l’ha emesso, nonché l’enunciazione:

  • dei capi o  punti della decisione ai quali si riferisce l’impugnazione;
  • delle richieste, anche istruttorie;
  • delle prove dalle quali si deduce l’inesistenza, l’omessa assunzione o l’omessa o erronea valutazione;
  • dei motivi, con l’indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta.

L’impugnazione va presentata, a norma dell’art. 582 c.p.p., personalmente o a mezzo di un incaricato presso la cancelleria del giudice che ha pronunciato il provvedimento impugnato. L’art. 583 c.p.p., tuttavia, prevede la facoltà di proporla anche mediante telegramma o atto da spedire a mezzo raccomandata alla cancelleria del giudice che ha pronunciato il provvedimento impugnato.

Una volta proposta impugnazione, quest’ultima, a cura della medesima cancelleria in cui è stata depositata, viene comunicata al P.M. e notificata alle parti private senza ritardo (art. 584 c.p.p.).

Mezzi d’impugnazione: i termini per proporre impugnazione

I termini per proporre l’impugnazione sono stabiliti nell’articolo 585 c.p.p.. Trattasi di termini previsti a pena di decadenza, sicché la loro inosservanza comporta che la parte perda la facoltà di impugnare con conseguente dichiarazione d’inammissibilità dell’impugnazione comunque proposta.

Questi i termini entro i quali va proposta impugnazione:

  • giorni 15, per i provvedimenti emessi in seguito a procedimento in camera di consiglio ex art. 127 c.p.p. e nel caso di deposito della motivazione in udienza, contestualmente alla lettura del dispositivo (art. 544 comma 1 c.p.p.);
  • giorni 30, nel caso in cui la redazione  e il deposito dei motivi del provvedimento avvenga non oltre il 15° giorno dalla pronuncia (art. 544 co. 2 c.p.p.);
  • giorni 45, quando, nel caso di particolare complessità della motivazione, la stesura e il deposito della stessa avvenga entro il termine di novanta giorni dalla pronuncia (art. 544 co. 3 c.p.p.)

Durante la pendenza dei termini per proporre impugnazione l’esecutività del provvedimento rimane sospesa.

I termini per impugnare decorrono:

  • dalla notificazione o comunicazione dell’avviso di deposito del provvedimento emesso in seguito a procedimento in camera di consiglio;
  • dalla lettura del provvedimento in udienza, quando è redatta anche la motivazione, per tutte le parti che sono state o che debbono considerarsi presenti nel giudizio, anche se non sono presenti alla lettura;
  • dalla scadenza del termine stabilito dalla legge o determinato dal giudice per il deposito della sentenza ovvero, nel caso previsto dall’articolo 548 comma 2, dal giorno in cui è stata eseguita la notificazione o la comunicazione dell’avviso di deposito;
  • dal giorno in cui è stata eseguita la comunicazione dell’avviso di deposito con l’estratto del provvedimento, per il procuratore generale presso la corte di appello rispetto ai provvedimenti emessi in udienza da qualsiasi giudice della sua circoscrizione diverso dalla corte di appello.

Mezzi d’impugnazione: gli effetti dell’impugnazione

Alla proposizione dell’impugnazione, conseguono molteplici effetti. In particolare, si parla di effetto devolutivo, sospensivo ed estensivo.

Per effetto devolutivo si intende l’attribuzione al giudice dell’impugnazione della cognizione sulla materia già oggetto di valutazione da parte del giudice precedente. Sul punto, si distingue tra impugnazioni:

  • totalmente devolutive, con cui si devolve al giudice competente l’intera materia già oggetto del primo giudizio indipendentemente dalle parti del provvedimento alle quali si riferiscono i motivi proposti (es. riesame delle misure cautelari in ambito penale);
  • parzialmente devolutive, che attribuiscono al giudice dell’impugnazione la cognizione esclusivamente in ordine ai capi e punti della sentenza impugnati (es. appello);

Per effetto sospensivo dell’impugnazione, s’intende invece la cessazione temporanea degli effetti propri del provvedimento impugnato. Esso è espressamente previsto dall’art. 588 c.p.p., secondo il quale dal momento della pronuncia, durante i termini per impugnare e fino all’esito del giudizio di impugnazione, l’esecuzione del provvedimento impugnato è sospesa, salvo che la legge disponga altrimenti.

Fanno eccezione a tale principio le impugnazioni in materia di libertà personale (artt. 309 e ss. c.p.p.), le quali non hanno alcun effetto sospensivo; la ragione della disposizione va ricercata nella necessità di preservare le esigenze cautelari che le misure restrittive mirano a garantire e che sarebbero vanificate dall’automatismo dell’inefficacia conseguente alla proposizione dell’impugnazione.

L’effetto estensivo, infine, consiste nel diritto di una parte, anche se non impugnante, di giovarsi del gravame proposto da altra parte, attraverso l’estensione degli effeti della decisione più favorevole pronunciata dal giudice dell’impugnazione. L’estensione, che si verifica nei soli casi indicati dalla legge e solo a vantaggio delle parti indicate, presuppone un rapporto processuale unico, ovvero che la parte impugnante e quella non impugnante siano state giudicate nel medesimo processo.

L’art. 587 c.p.p. prevede, in particolare, che l’impugnazione dell’imputato giovi anche agli imputati concorrenti nello stesso reato, se l’impugnazione non era fondata su motivi esclusivamente personali, nonché agli imputati di reati differenti ma in processi riuniti solo se i motivi riguardano violazioni di legge processuale e non sono esclusivamente personali. L’impugnazione dell’imputato, inoltre, giova anche al responsabile civile e alla persona civilmente obbligata alla pena pecuniaria.

Mezzi d’impugnazione: rinuncia all’ impugnazione

La legge prevede che la parte che ha proposto impugnazione possa successivamente rinunciarvi, in maniera espressa o tacita.La rinuncia tacita interviene nel caso in cui la parte che sarebbe legittimata a impugnare, lascia decorrere infruttuosamente i termini per impugnare.

La rinuncia espressa all’impugnazione deve invece, a norma dell’art. 589 c.p.p., essere presentata nelle forme e nei modi previsti per la presentazione dell’impugnazione stessa, ovvero, in dibattimento, prima dell’inizio della discussione.

Pubblicato da Valeria Citraro

Laureata in Giurisprudenza con 108/110 presso l'Università degli Studi di Catania, con tesi in Diritto Processuale Penale dal titolo "La chiamata in correità. Struttura e Valutazione Probatoria". Abilitata all'esercizio della professione forense il 30/09/2016 con votazione 405/420.