SU: depenalizzata la falsità in assegno bancario non trasferibile

Le Sezioni Unite si sono pronunciate sul contrasto giurisprudenziale concernente la falsità commessa in assegno bancario non trasferibile; segnatamente, se essa rientri nella fattispecie di cui all‘art. 485 cod. pen., depenalizzata in illecito civile a seguito del D.lgs. n. 7/2016, ovvero  configuri il reato di falsità in testamento olografo, cambiale o titoli di credito previsto dall’art. 491 cod. pen., come riformulato dal medesimo decreto.

Secondo un primo orientamento (v. ex multis Cass. V n. 32972 del 04/04/2017; Sez. Un, n.4 del 20/02/2007, Guarracino), la falsità commessa in assegno bancario munito della clausola di non trasferibilità non è punibile a norma dell’art. 491 cod. pen., ma dell’art. 485 cod. pen., sul presupposto argomentativo che la ragione della più rigorosa tutela accordata dall’art. 491 cod. pen. a titoli di credito al portatore o trasmissibili per girata non risieda nella loro natura giuridica né nella loro attitudine alla circolazione illimitata, comuni a tutti i titoli di credito, ma sia determinata dal maggior pericolo di falsificazione insito nel regime di circolazione proprio del titolo al portatore o trasmissibile per girata rispetto al regime di circolazione dei titoli nominativi.

Ne deriverebbe che, in tema di falso in scrittura privata, a seguito della depenalizzazione dell’art. 485 cod. pen. e della nuova formulazione dell’art. 491 cod. pen., la condotta di falsificazione di un assegno bancario munito di clausola di “non trasferibilità” non è più sottoposta a sanzione penale, applicandosi l’art. 491 cod. pen. soltanto alle falsità commesse su titoli di credito “trasmissibili per girata”, tra i quali non possono includersi l’assegno bancario non trasferibile.

Secondo diverso orientamento invece (cfr. ad esempio Cass. II, n.13086 del 01/03/2018), la falsità commessa in assegno bancario non trasferibile risulta ancora oggi penalmente rilevante, nonostante l’abrogazione dell’art. 485 cod. pen., rientrando nel raggio applicativo del reato di falsità in testamento olografo, cambiale o titoli di credito.

Tale orientamento si poggia sul rilievo secondo cui la nuova disposizione dell’art. 491 cod. pen., per effetto del d.lgs. n. 7 del 2016, non distingue le varie tipologie di girate rilevanti, sicché anche l’assegno bancario non trasferibile – trasmissibile mediante girata per l’incasso – rientrerebbe nella fattispecie di cui all’art. 491 cod. pen.

La “girata” in senso tecnico, secondo tale indirizzo, è anche quella effettuata al banchiere per l’incasso, posto che l’assegno contraffatto, anche se non trasferibile, è girabile per l’incasso (cd. girata impropria) ed in tale momento è ancora possibile che esso eserciti una funzione dissimulatoria, almeno nei confronti dell’impiegato di banca e dell’istituto di credito.

Le Sezioni Unite, con la sentenza in disamina (n. 40256 del 19/07/2018 – dep. 10/09/2018), aderiscono al  primo orientamento interpretativo.

Secondo la Corte, rimane attuale il principio espresso dalle Sezioni Unite Guarracino, secondo cui l’apposizione della clausola di non trasferibilità immobilizza il titolo nelle mani del prenditore, tale non potendo considerarsi la girata ad un banchiere per l’incasso, che ha natura di semplice mandato a riscuotere ed è priva di effetti traslativi del diritto inerente al titolo.

La clausola di non trasferibilità, modificando il regime della circolazione del titolo, fa venire meno il requisito della maggiore esposizione al pericolo della falsificazione che giustifica la più rigorosa tutela penale. Ed è proprio la non trasferibilità del titolo che impone di ricondurne l’uso nell’ambito della ipotesi di cui all’art. 485 cod. pen., fattispecie ormai abrogata.

La ratio della tutela dell’art. 491 cod. pen. è rimasta invariata rispetto alla sentenza Guarracino, essendo strettamente connessa al maggior pericolo di falsificazione insito nel regime di circolazione dei titoli trasmissibili in proprietà mediante girata, trattandosi di un meccanismo circolatorio particolarmente esposto per le sue caratteristiche a condotte insidiose ed idonee a pregiudicare l’affidamento di una pluralità di soggetti sulla correttezza degli elementi indicati nel titolo.

Né può ritenersi che il tenore letterale dell’art. 491 cod. pen., come riformulato dall’art. 2, comma 1, lett. d) del d.lgs. 15 gennaio 2016, n. 7, non distinguerebbe tra le varie tipologie di girata rilevanti. Sul punto va evidenziato che la girata cui fa riferimento l’art. 491 cod. pen. alla luce di una imprescindibile lettura teleologica della norma – la tutela dei titoli che per il regime di circolazione sono esposti a più frequenti rischi di falsificazione – va necessariamente riferita al negozio giuridico che determini una “concreta circolazione” del titolo.

La girata al banchiere per l’incasso, che implica un semplice mandato a riscuotere, non trasferisce, invece, al giratario né la proprietà del titolo né una legittimazione propria, ma solo una legittimazione nell’interesse altrui quale effetto del mandato,  finalizzata esclusivamente a rapportare la disciplina dell’assegno non trasferibile all’interesse concreto del portatore di svincolarsi dall’onere di una riscossione diretta, ed eventualmente ad incassare il titolo anche presso una banca diversa dalla trattaria.

Ne è inoltre possibile individuare tra gli scopi di tutela dell’art. 491 cod. pen. anche la mera circolazione intra-bancaria del titolo, unica forma di “transito” legale ipotizzabile per gli assegni non trasferibili. Tale soluzione non si concilia con la finalità perseguita con la mantenuta punizione penale del reato di falsità in testamenti olografi, cambiali e altri titoli di credito.

In considerazione di quanto precede, è stato affermato il seguente principio di diritto:

“La falsità commessa su un assegno bancario munito della clausola di non trasferibilità configura la fattispecie di cui all’art. 485 cod. pen, abrogato  all’art. 1, comma 1, lett. a), del d.lgs. 15 gennaio 2016, n. 7 e trasformato in illecito civile”.

Scarica la sentenza  Sezioni Unite n. 40256/2018.

Pubblicato da Valeria Citraro

Laureata in Giurisprudenza con 108/110 presso l'Università degli Studi di Catania, con tesi in Diritto Processuale Penale dal titolo "La chiamata in correità. Struttura e Valutazione Probatoria". Abilitata all'esercizio della professione forense il 30/09/2016 con votazione 405/420.