Il reato di patrocinio o consulenza infedele ex art. 380 c.p.

Il reato di patrocinio o consulenza infedele, previsto dall’art. 380 codice penale, punisce – con la reclusione da 1 a 3 anni e con la multa non inferiore a 516 euro – il patrocinatore o il consulente tecnico, che, rendendosi infedele ai suoi doveri professionali, arreca nocumento agli interessi della parte da lui difesa, assistita o rappresentata dinanzi all’Autorità giudiziaria o alla Corte penale internazionale.

La pena è aumentata se il colpevole ha commesso il fatto, colludendo con la parte avversaria oppure se il fatto è stato commesso a danno di un imputato.

Si applicano la reclusione da 3 a 10 anni e la multa non inferiore a 1.032 euro se il fatto è commesso a danno di persona imputata di un delitto per il quale la legge commina l’ergastolo oppure a reclusione superiore a 5 anni.

Costituisce presupposto del reato di patrocinio o consulenza infedele l’esistenza di un incarico professionale (fiduciario o ufficioso, indifferentemente retribuito o gratuito), in forza del quale l’agente è tenuto a difendere, assistere o rappresentare la parte.
Ai fini della configurabilità della fattispecie tipica, è inoltre necessaria la pendenza di un procedimento dinanzi all’autorità giudiziaria, quale elemento costitutivo del reato: la giurisprudenza è conforme nel ritenere che comprendere nella previsione legislativa anche le attività prodromiche alle cause integra una chiara violazione del principio di tipicità del precetto penale (cfr. Cass. n. 7384 del 21 – 25 febbraio 2005).
La disposizione in esame configura un’ipotesi di reato plurioffensivo, in quanto diretta a tutelare sia il buon funzionamento della giustizia, sotto il profilo della garanzia di un leale svolgimento delle funzioni di difesa e assistenza delle parti, sia l’interesse particolare della persona assistita, in quanto lesa dalla condotta infedele.

Il delitto di patrocinio o consulenza infedele rientra nel novero dei reato propri, atteso che la condotta punibile può essere commessa unicamente dal “patrocinatore” o dal “consulente tecnico”; ove la nozione di patrocinatore ricomprende tutti coloro abilitati a difendere, rappresentare o assistere davanti all’autorità giudiziaria: avvocati, praticanti con patrocinio, avvocati dello Stato, ufficiali difensori dinanzi ai tribunali militari.

L’art. 380 richiede per il suo perfezionamento:

a) una condotta del patrocinatore irrispettosa dei doveri professionali stabiliti per fini di giustizia a tutela della parte assistita;

b) un evento che implichi un nocumento agli interessi della parte assistita, quale conseguenza della violazione dei doveri professionali, il quale “rappresenta dunque l’evento del reato, che non deve essere inteso soltanto come un vero e proprio danno patrimoniale, ma deve essere posto in relazione anche al mancato conseguimento di benefici di natura morale che la parte avrebbe tratto qualora il patrocinatore si fosse comportato lealmente” (cfr. Cass. n. 25700/2012).

E’ un reato a forma libera che si consuma attraverso qualsiasi azione od omissione idonea a produrre nocumento agli interessi della parte rappresentata, assistita e difesa e che costituisca per il soggetto che la compie, una infedeltà ai doveri professionali; infedeltà che va dedotta dai codici di rito e dalle norme deontologiche dell’ordinamento professionale di riferimento.

Per quanto concerne l’elemento soggettivo, è sufficiente il dolo generico, ossia la volontà consapevole della insolvenza dei doveri professionali di diligenza, lealtà e correttezza.

Il reato di patrocinio infedele può concorrere con la truffa, oltre che con quello ex art. 622 c.p. (rivelazione di segreto professionale) oppure con il reato di cui all’art. 374 c.p. (frode processuale) o 490 c.p. (soppressione, distruzione e occultamento di atti veri).

Pubblicato da Valeria Citraro

Laureata in Giurisprudenza con 108/110 presso l'Università degli Studi di Catania, con tesi in Diritto Processuale Penale dal titolo "La chiamata in correità. Struttura e Valutazione Probatoria". Abilitata all'esercizio della professione forense il 30/09/2016 con votazione 405/420.