Adescamento di minori, art. 609 undecies c.p.

Il delitto di adescamento di minori, previsto all’art. 609 undecies del codice penale, noto anche come “child grooming” o più semplicemente “grooming” (dall’inglese: prendersi cura), punisce quella condotta, particolarmente subdola ed insidiosa, di colui che pone in essere qualsiasi atto volto a carpire la fiducia di un minore di anni 16 al fine di poter commettere un reato di natura sessuale nei suoi confronti.

Tale fattispecie incriminatrice è stata introdotta dall’art. 4 lett. z) della Legge del 1 ottobre 2012 n. 172, che ha dato attuazione alla c.d. Convenzione di Lanzarote in materia di protezione dei minori dallo sfruttamento e dagli abusi sessuali, sottoscritta nell’ambito del Consiglio d’Europa il 25 ottobre 2007.

Con l’introduzione di tale reato, il legislatore ha inteso rafforzare la tutela apprestata ai minori anticipando la soglia di punibilità ad un momento in cui la persona offesa non ha ancora subito alcun pregiudizio, ma corre il serio rischio di diventare vittima di un reato di natura sessuale (reato di c.d. “pericolo indiretto”). Il reato di adescamento di minori è, infatti, punito a condizione che non venga commesso – nemmeno in forma di tentativo – il reato cui è finalizzata la condotta punita dall’art. 609 undecies c.p. (cfr. clausola di sussidiarietà contenuta nel testo della norma: “…se il fatto non costituisce più grave reato...”).

Il delitto in disamina rientra nel novero dei reati comuni, potendo essere commesso da chiunque. E’, tuttavia, sul punto doveroso precisare che nel caso in cui la persona offesa abbia compiuto 13 anni e l’agente non abbia compiuto ancora gli anni 16, non sussiste l’ipotesi di cui all’articolo 609 undecies in virtù del combinato disposto tra il citato articolo ed il comma 3 dell’art. 609-quater c.p. rubricato “Atti sessuali con minorenne”, il quale recita: “Non è punibile il minorenne che, al di fuori delle ipotesi previste nell’articolo 609-bis, compie atti sessuali con un minorenne che abbia compiuto gli anni tredici, se la differenza di età tra i soggetti non è superiore a tre anni”.

Per quanto riguarda invece il soggetto passivo, il legislatore ha individuato in 16 anni il limite di età della vittima entro il quale si configura il delitto di adescamento, sul presupposto della ritenuta influenzabilità che, di regola, caratterizza i soggetti appartenenti alla fascia degli infrasedicenni.

Il reato di adescamento di minorenni è a forma vincolata, dovendo essere compiuti gli atti volti a carpire la fiducia del minore “attraverso artifici, lusinghe o minacce posti in essere anche mediante l’utilizzo della rete internet o di altre reti o mezzi di comunicazione“.

Il concetto di lusinghe rappresenta una assoluta novità nel nostro ordinamento; come è stato osservato in dottrina, esso evoca una condotta che consiste nell’adulare, gratificare falsamente, rivolgere finte ed eccessive attenzioni al fine di accattivarsi la simpatia e la benevolenza di qualcuno per indurlo ad un determinato comportamento.

Diversamente, il concetto di artificio è ben noto al nostro ordinamento penalistico. Esso evoca una qualsiasi simulazione, dissimulazione, espediente subdolo o menzognero capace di trarre in inganno la vittima ed attirarla nella trama criminosa ideata dal reo.

La previsione della minaccia – anch’esso concetto noto alla nostra tradizione – suscita, invece, qualche perplessità. Innanzitutto, non si comprende in che modo si possa carpire la fiducia del minore attraverso il ricorso alla minaccia. Ove l’adescatore minacciasse un minore per costringerlo a compiere o a subire atti sessuali, saremmo infatti già nel perimetro di una tentata violenza sessuale ex artt. 56 e 609 bis c.p.

Il delitto di adescamento di minorenni rappresenta una tipica norma a più fattispecie, sicché l’aver agito con diverse modalità della condotta (ad es. sia con lusinghe, sia con artifizi) comporta la commissione di un unico reato. La molteplicità delle modalità della condotta perpetrata dall’agente non è però priva di rilevanza: ferma restando l’unicità del reato, infatti, il giudice terrà conto del numero o della gravità dei fatti concreti nella commisurazione della pena all’interno della cornice edittale.

Dal punto di vista soggettivo, ai fini della configurazione del reato è richiesto il dolo specifico, in quanto fine dell’agente è quello dell’adescamento finalizzato alla commissione di rapporti sessuali e non (ovvero a commettere i reati di cui agli articoli 600, 600 bis, 600 ter e 600 quater, anche se relativi al materiale pornografico di cui all’articolo 600-quater.1, 600 quinquies, 609 bis, 609 quater, 609 quinquies e 609 octies).

Il delitto di adescamento di minorenni si consuma nel tempo e nel luogo in cui il reo compie le condotte descritte nella norma.

L’individuazione de locus commissi delicti potrebbe risultare tutt’altro che agevole, specie in nel caso di adescamento realizzato tramite la rete internet. Si potrebbe ritenere che esso vada individuato nel luogo in cui si trova il minore adescato, perché è lì che si perfeziona la dimensione offensiva del fatto.

Inammissibile il tentativo, atteso la violazione del principio di offensività che comporterebbe l’eccessiva anticipazione della soglia di punibilità di un delitto che – già nella forma consumata –punisce condotte meramente preparatorie di ulteriori reati sessuali.

E’ importante precisare che, secondo quanto disposto dall’art. 609 sexies c.p., la persona accusata di un reato a sfondo sessuale nei confronti di un minorenne non può difendersi invocando a propria discolpa l’ignoranza dell’età del minore, salvo che la stessa non sia dovuta ad un errore assolutamente inevitabile (un’ignoranza non rimproverabile quantomeno a titolo di colpa).

Una simile ipotesi non è infrequente che si verifichi nei casi di adescamento tramite social network, atteso che il minore, per eludere i limiti di età imposti per l’accesso a tali siti, è costretto ad indicare una falsa data di nascita nonché ad alterare la propria immagine per assumere le sembianze di un adulto. In questi casi, spetterà dunque al giudice accertare la rimproverabilità dell’errore in cui è incorso l’agente sulla reale età anagrafica del soggetto adescato.

Fonti:

Pubblicato da Valeria Citraro

Laureata in Giurisprudenza con 108/110 presso l'Università degli Studi di Catania, con tesi in Diritto Processuale Penale dal titolo "La chiamata in correità. Struttura e Valutazione Probatoria". Abilitata all'esercizio della professione forense il 30/09/2016 con votazione 405/420.