La consumazione del reato. Reato istantaneo, permanente, abituale o a consumazione prolungata

La consumazione del reato coincide con il momento in cui si esaurisce l’iter criminis. Quest’ultimo, nei delitti dolosi, risulta articolato nelle seguenti fasi: ideazione; preparazione; esecuzione; consumazione.

La consumazione rappresenta dunque il momento in cui il reato viene a “cessare” per aver raggiunto la massima gravità concreta.

Dalla consumazione va distinta la perfezione, atteso che talvolta i due momenti non coincidono. Il reato è perfetto quando se ne sono realizzati tutti gli elementi strutturali, mentre si consuma nel momento in cui l’offesa al bene giuridico tutelato dalla norma incriminatrice raggiunge la sua estensione massima.

Perfezione e consumazione del reato non sempre coincidono. I casi di scissione tra i due momenti vengono individuati soprattutto nelle ipotesi di reato abituale o permanente, in alcuni reati aggravati dall’evento, e nei delitti di attentato.

Una volta che il reato sia perfetto, è esclusa la configurabilità del tentativo o della desistenza; la consumazione rappresenta invece il momento ultimo in cui può ancora realizzare il concorso di persone o di reati, la flagranza, la legittima difesa. Essa inoltre serve a individuare il tempus commissi delicti, ai fini della determinazione della competenza giurisdizionale e della prescrizione.

In relazione al momento in cui il reato viene a consumazione, è possibile operare un classificazione del reato in: reati istantanei, permanenti, abituali, o a consumazione prolungata.

Si definisce reato istantaneo quello in cui la condotta si esaurisce in un solo istante (es. omicidio), pertanto il momento consumativo coincide con l’ultimo della serie di atti posti in essere al fine di integrare la condotta costitutiva.

Il reato permanente si caratterizza invece per la presenza di un’ulteriore fase – detta appunto di permanenza – che segue il momento della perfezione del reato, di durata non preventivamente individuata e che si protrae per un tempo apprezzabile, in cui perdura una condotta volontaria dell’agente, che è in grado di interrompere in qualsiasi momento la situazione antigiuridica.

Quanto alla natura del reato permanente, ad oggi è ormai completamente superata la concezione bifasica, secondo cui il reato permanente presenterebbe due fasi corrispondenti alla violazione di due diversi precetti: la prima riguardante la realizzazione del fatto vietato; la seconda, integrante la permanenza, consistente nella mancata rimozione dell’evento posto in essere (c.d. inadempimento del dovere di contro-agire).

Oggi prevale infatti una concezione unitaria del reato permanente, la cui punibilità si fonda su un’unica norma incriminatrice dotata di peculiarità strutturale. Si è osservato infatti come un obbligo di contro-agire per interrompere la condotta dovrebbe sussistere per ogni tipo di reato di danno, sicchè anche il furto dovrebbe essere ad es. considerato reato permanente fin quando il reo non provveda alla restituzione del bene sottratto. L’incriminazione inoltre di un’omessa contro-condotta costituisce aperta violazione del principio di tipicità e tassativa delle norme penali.

La categoria dei reati ad azione frazione o a consumazione prolungata  è stata elaborata dalla giurisprudenza, con riferimento alle fattispecie di usura e corruzione.

In relazione ai delitti di usura, si è osservato che esso appartiene alla suddetta categoria qualora alla promessa segua la corresponsione degli interessi illeciti mediante ratei periodici. Poiché infatti la dazione effettiva degli interessi non costituisce un post factum non punibile, ma fa parte a pieno titolo del fatto lesivo, il momento consumativo sostanziale del reato coincide con la cessazione dei pagamenti rateizzati. Non manca tuttavia chi consideri l’usura un reato istantaneo ad effetti permanenti, ravvisando nella promessa il momento consumativo.

Quanto alla corruzione, essa può configurarsi in particolare come un reato a duplice schema, principale e sussidiario.

Secondo lo schema principale, allorchè alla promessa segua il ricevimento del denaro o di altra utilità, quest’ultimo rappresenta il momento consumativo del reato. Secondo lo schema sussidiario, che si verifica allorchè alla promessa non segua la corresponsione di denaro o altra utilità, il momento consumativo verrà individuato nella promessa medesima.

Il reato abituale si realizza mediante la reiterazione di condotte omogenee. La ratio dell’istituto è comunemente individuata in quella di evitare eccessi sanzionatori derivanti dal cumulo delle pene previsto per il concorso formale di reati.

Occorre distinguere tra reato abituale proprio o necessariamente abituale, in cui le condotte reiterate non sono di per sé penalmente rilevanti; dal reato abituale improprio o eventualmente abituale, in cui le singole condotte costituiscono di per sé reato.

Gli elementi strutturali del reato abituale vanno individuati pertanto:

  • Nella reiterazione di più fatti;
  • Nella omogeneità degli stessi, quanto a modalità di condotta e bene protetto;
  • Nel nesso di abitualità che lega le suddette condotte, che consente di ravvisare nel reato de quo quell’unicità dell’offesa che giustifica un’attenuazione del trattamento sanzionatorio.

Quanto all’elemento soggettivo, è ammessa anche la figura del reato abituale colposo. Quanto alla natura del dolo invece, la tesi prevalente ritiene sufficiente una coscienza e volontà delle singole condotte, accompagnata dalla consapevolezza dell’agente che ognuna di essa va ad aggiungersi alle precedenti, formando un sistema reiterato di comportamenti offensivi. Si è parlato quindi di un dolo progressivo, che va sviluppandosi in itinere.

In ordine al reato abituale, questione che assume particolare problematicità riguarda il caso in cui durante la reiterazione delle condotte si succedano nel tempo leggi penali di nuova incriminazione. In tali casi si ritiene che non si possa ravvisare un reato abituale in una serie di condotte di cui tutte, eccetto l’ultima posta in essere sotto la vigenza della nuova norma incriminatrice, siano state compiute quando era vigente una disciplina che non ascriveva loro alcuna rilevanza penale. Condizione perché si applichi la nuova disciplina è che l’ultimo atto, preso in considerazione singolarmente o in uno ad altri atti compiuti sotto la vigenza della nuova disciplina, sia idoneo a integrare quel sistema di comportamenti in cui si concreta la fattispecie abituale.

Pertanto riassumendo, è possibile distinguere, quanto al momento consumativo del reato:

  • Il reato istantaneo, che si consuma al momento in cui si realizza la condotta;
  • Il reato istantaneo con effetti permanenti, in cui il reato si consuma istantaneamente al realizzarsi della condotta, ma l’offesa perdura nel tempo;
  • Il reato permanente, in cui la condotta si protrae oltre la perfezione del reato e questo si consuma solo al cessare della condotta;
  • Il reato a consumazione prolungata, in cui ad una prima azione che potrebbe già di per sé costituire momento consumativo seguono altre condotte idonee a spostare in avanti tale momento;
  • Il reato abituale, in cui la condotta è reiterata nel tempo e aggiungendosi alle precedenti sposta in avanti la consumazione al cessare di tale reiterazione;
  • Il reato continuato, in cui la condotta è caratterizzata da una pluralità di azioni o omissioni finalizzate al medesimo disegno criminoso, che vengono legate tra loro solo agli effetti della pena.

Pubblicato da Valeria Citraro

Laureata in Giurisprudenza con 108/110 presso l'Università degli Studi di Catania, con tesi in Diritto Processuale Penale dal titolo "La chiamata in correità. Struttura e Valutazione Probatoria". Abilitata all'esercizio della professione forense il 30/09/2016 con votazione 405/420.