Ammissione al gratuito patrocinio per le vittime di stalking in deroga ai limiti reddituali: è un dovere del Giudice

Con sentenza n. 13497, depositata lo scorso 20 marzo (udienza 15 febbraio 2017), la IV sezione della Corte di Cassazione si è pronunciata in materia di patrocinio dei non abbienti per le vittime del reato di atti persecutori di cui all’art. 612 bis c.p. (c.d. stalking), statuendo che:

Il Giudice è tenuto ad accogliere l’istanza di patrocinio a spese dello Stato presentata dalla persona offesa dal reato di stalking a prescindere dai limiti di reddito fissati dall’art. 76, co. 1 D.P.R n. 115 del 2002; limiti che, invece, operano quando l’istante è il danneggiato del reato che intenda costituirsi parte civile nel processo penale.

In tema di gratuito patrocinio, la L. 38/2009 – istitutiva del delitto di atti persecutori di cui all’art. 612 bis c.p. (c.d. stalking) – ha aggiunto il comma 4 ter all’art. 76 T.U. in materia di spese di giustizia (D.P.R. 115 del 2002), che prevede l’ammissione della vittima di una serie di gravi delitti contro la persona (tra cui anche quello di stalking, appunto) al patrocinio a spese dello Stato, anche in deroga i limiti di reddito fissati nel medesimo decreto (id est un reddito imponibile non superiore a euro 11.528,41, tenuto conto dell’eventuale cumulo dei redditi dei familiari conviventi diversi dall’aggressore).

L’art. 76, comma 4 ter dispone, testualmente:

“La persona offesa dai reati di cui agli artt. 572, 583 bis, 609 bis, 609 quater, 609 octies e 612 bis, nonchè, ove commessi in danno di minori, dai reati di cui agli artt. 600, 600 bis, 600 ter, 600 quinquies, 601, 602, 609 quinquies e 609 undecies c.p., può essere ammessa al patrocinio anche in deroga ai limiti di reddito previsti dal presente decreto”.

La finalità perseguita dal Legislatore non può che essere – con ogni evidenza – quella di rimuovere ogni possibile ostacolo (anche economico) che possa disincentivare un soggetto, già in condizioni di disagio, ad agire in giudizio. Va, invece, subito rilevato come la Legge in parola non fa cenno al danneggiato dal reato che intenda costituirsi parte civile nel processo penale e che può non coincidere con la vittima del reato, ma solo alla persona offesa. Ne deriva che la persona danneggiata dal reato potrà ricorrere al patrocinio solo nel caso in cui il suo reddito non superi i limiti fissati dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 76, comma 1, in linea con la previsione normativa generale.

Residua, invece, un problema di natura interpretativa in riferimento alla formulazione letterale della norma laddove si enuncia che la vittima “può” e non “deve” essere ammessa al patrocinio anche in deroga ai limiti di reddito previsti dal presente decreto. Secondo un’interpretazione strettamente letterale della norma, sembrerebbe che il Giudice abbia una mera facoltà e non un dovere di accogliere la domanda di fruizione del beneficio. La Corte, invero, mostra di preferire un’interpretazione teleologicamente connessa alla ratio ispiratrice della disciplina, giungendo ad affermare che il termine “può” debba essere inteso come dovere del Giudice di accogliere l’istanza “se” presentata dalla “persona offesa” da “uno dei reati di cui alla norma” e all’esito della positiva verifica dell’esistenza di un “procedimento iscritto relativo ad uno dei menzionati reati”.

Da tale assunto discende, inoltre, che l’istanza di ammissione al patrocino a spese dello Stato proposta dalla persona offesa da uno dei reati elencati dalla norma necessita solo dei requisiti di cui all’art. 79 T.U.S.G., comma 1, lett. a) e b). Sul punto in passato è stato rilevato un contrasto giurisprudenziale, tra colo che, ai fini dell’ammissione al patrocinio la vittima del reato, ritenevano comunque necessaria la produzione della dichiarazione certificativa dei propri redditi, non essendo prevista una ammissione ex lege al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, ma, al contrario, è sempre necessaria una previa valutazione da parte del Giudice della procedura giudiziaria; e coloro che, invece, sostenevano che il Legislatore abbia inteso assicurare il patrocinio a spese dello Stato alla vittima di stalking, proprio in deroga ai limiti di reddito: deroga che implica l’assoluta non necessità di rappresentazione dei redditi della vittima, non richiedendo la norma un massimo reddituale idoneo ad impedire l’ammissione al beneficio ma solo ed esclusivamente la qualità di vittima dei reati già indicati.

Secondo la Corte dunque, in mancanza di una espressa disposizione legislativa, il Giudice non può negare l’ammissione al beneficio solo sulla base della mancata allegazione della dichiarazione sostitutiva di certificazione, da parte dell’interessato, attestante la sussistenza delle condizioni di reddito previste dall’art. 76 cit., dato che la norma in parola non individua massimi reddituali idonei ad escludere il diritto in argomento; sicchè la produzione di tale attestato s’appalesa del tutto superflua e, perciò, la sua mancanza è inidonea a fondare una pronuncia di rigetto.

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Pubblicato da Valeria Citraro

Laureata in Giurisprudenza con 108/110 presso l'Università degli Studi di Catania, con tesi in Diritto Processuale Penale dal titolo "La chiamata in correità. Struttura e Valutazione Probatoria". Abilitata all'esercizio della professione forense il 30/09/2016 con votazione 405/420.