La rescissione del giudicato, articolo 629 bis c.p.p.

Il Legislatore con L. n. 103/2017 (c.d. Riforma Orlando) ha provveduto ad abrogare l’art. 625 ter c.p.p. – aggiunto dall’art. 11 L. 8 aprile 2014 n. 67 contestualmente al superamento del giudizio contumaciale – e ad introdurre il nuovo art. 629 bis c.p.p., rubricato Rescissione del giudicato.

Ai sensi del comma 1, il condannato o il sottoposto a misura di sicurezza con sentenza passata in giudicato, nei cui confronti si sia proceduto in assenza per tutta la durata del processo, può ottenere la rescissione del giudicato qualora provi che l’assenza è stata dovuta ad una incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo.

L’imputato che non ha potuto partecipare al processo, incolpevolmente, non ha potuto esercitare il diritto di difesa; diritto, lo si ricorda, a rilievo costituzionale ex art. 24 Cost. Egli ha, pertanto, per ciò diritto che il processo venga ricelebrato al fine di potervi partecipare e difendersi.

A tal riguardo, è bene evidenziare come, secondo orientamento della Corte di legittimità, sussiste in capo all’imputato l’onere di interessarsi autonomamente del procedimento, chiedendo al difensore nominato aggiornamenti sullo status del procedimento. Non potrà dunque invocarsi la rescissione del giudicato, sussistendo una colpa evidente dell’imputato, nel caso in cui l’imputato o indagato, dopo aver nominato un difensore di fiducia in un procedimento penale, non si attivi autonomamente per mantenere con lo stesso i contatti periodici essenziali per essere informato dello sviluppo di tale procedimento (Sez. 6, n. 15932 del 01/04/2015, Rv. 263084; Sez. 3 n. 38513 del 22/06/2016, Rv. 267947).

Né potrebbe far venire meno la colpa così evidenziata la eventuale mancata comprensione da parte del condannato delle conseguenze giuridiche della sottoscrizione del verbale di elezione di domicilio in quanto il ricorrente, ove non avesse davvero compreso il significato dell’elezione di domicilio, avrebbe dovuto farselo spiegare nell’immediatezza dagli agenti operanti o dal suo stesso difensore di fiducia, non potendo fornire tale giustificazione a processo concluso.

La richiesta di rescissione del giudicato va presentata, a pena di inammissibilità, alla Corte di Appello nel cui distretto ha sede il giudice che ha emesso il provvedimento, personalmente dall’interessato o da un difensore munito di procura speciale, entro 30 giorni dal momento dell’avvenuta conoscenza del procedimento.

La Corte di appello provvede in camera di consiglio  e, se accoglie la richiesta, revoca la sentenza e dispone la trasmissione degli atti al giudice di primo grado.

Per espressa disposizione normativa, si applica quanto previsto dall’art. 489, comma 2 c.p.p., ove si prevede che “se l’imputato fornisce la prova che l’assenza nel corso dell’udienza…è riconducibile alle situazioni previste dall’art. 420-bis, comma 4 c.p.p. è rimesso nel termine per formulare le richieste di cui agli artt. 438 e 444 c.p.p.” .

Pubblicato da Valeria Citraro

Laureata in Giurisprudenza con 108/110 presso l'Università degli Studi di Catania, con tesi in Diritto Processuale Penale dal titolo "La chiamata in correità. Struttura e Valutazione Probatoria". Abilitata all'esercizio della professione forense il 30/09/2016 con votazione 405/420.