Art. 384 c.p:. casi di non punibilità

Recita l’art. 384 c.p.”Casi di non punibilità”:

Nei casi previsti dagli articoli 361, 362, 363, 364, 365, 366, 369, 371-bis, 371-ter, 372, 373, 374 e 378, non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé medesimo o un prossimo congiunto da un grave e inevitabile nocumento nella libertà o nell’onore.

Nei casi previsti dagli articoli 371-bis, 371-ter, 372 e 373, la punibilità è esclusa se il fatto è commesso da chi per legge non avrebbe dovuto essere richiesto di fornire informazioni ai fini delle indagini o assunto come testimonio, perito, consulente tecnico o interprete ovvero non avrebbe potuto essere obbligato a deporre o comunque a rispondere o avrebbe dovuto essere avvertito della facoltà di astenersi dal rendere informazioni, testimonianza, perizia, consulenza o interpretazione.

La norma testè riportata prevede due speciali cause di non punibilità, in relazione alla maggior parte dei delitti contro l’attività giudiziaria.

Il primo comma trova la sua ratio nella rilevanza ascritta dal Legislatore, da un lato, all’istinto di conservazione della propria libertà e del proprio onore, che spinge l’individuo ad evitare di accusare sé medesimo, dall’altro, nel riconoscimento della forza incoercibile dei sentimenti familiari. Il fatto può, infatti, essere commesso sia a vantaggio proprio, che di un prossimo congiunto.

L’esimente in questione rappresenta una causa soggettiva di esclusione della punibilità, in quanto il legislatore ha ritenuto non esigibile una condotta diversa da quella scusata tramite la presente disposizione.

Guardando agli elementi costitutivi, l’agente deve aver commesso il fatto perché costretto dalla necessità di salvare sé stesso ( o un prossimo congiunto) da un grave nocumento alla propria libertà od onore.

Si richiede l’inevitabilità del nocumento, che esso sia futuro, ovvero non ancora verificatosi. Non è sufficiente un pericolo genericamente temuto, essendo necessaria la prova di un pericolo attuale e concreto.

L’elencazione dei reato oggetto di esimente è tassativa, e la norma non può dunque trovare applicazione per il reato di falso giuramento (art. 371) o per il reato di calunnia (art. 368).

Il secondo comma invece si applica solo ai reati previsti dagli artt. 371 bis, 372 e 373 c.p. e prevede due ipotesi distinte:

  1. la prima è quella di chi ha commesso il fatto, nonostante non avrebbe dovuto essere richiesto di fornire informazioni ai fini delle indagini o non avrebbe dovuto essere assunto come testimone, perito, consulente tecnico o interprete (trattasi dei casi incompatibilità disciplinati agli artt. 197, 198 co. 2 , 144, 222 c.p.p.);
  2. la seconda è quella di chi avrebbe dovuto essere avvertito della facoltà di astenersi dal rendere informazioni, testimonianza, perizia, consulenza o interpretazioni (v art. 199 e ss c.p.p.).

Si è dibattuto riguardo l’applicabilità dell’art. 384 c.p. nel caso in cui l’agente, previamente avvisato della facoltà di astenersi dall’esame, abbia acconsentito a deporre. A risolvere il contrasto insorto tra coloro che a tale quesito davano risposta negativa e coloro che fornivano invece risposta positiva, sono intervenute le S.U. con sentenza 14 febbraio 20008, n. 7208, che hanno avallato la soluzione negativa.

La Corte ha infatti precisato che, laddove l’interessato, per propria libera scelta abbia accettato di sottoporsi all’esame, lo stesso assume la veste di testimone e con essa l’obbligo di dire la verità. Ove si interpretasse la norma diversamente, si ammetterebbe la creazione di una figura di testimone che ha la facoltà di mentire, del tutto incompatibile con il nostro sistema processuale.

Incombe sull’imputato che intenda avvalersene l’onere della prova della ricorrenza dell’esimente di cui all’art. 384 c.p. che deve consistere nella indicazione di elementi specifici tali da porre il giudice in condizione di rilevarne l’applicabilità.

Pubblicato da Valeria Citraro

Laureata in Giurisprudenza con 108/110 presso l'Università degli Studi di Catania, con tesi in Diritto Processuale Penale dal titolo "La chiamata in correità. Struttura e Valutazione Probatoria". Abilitata all'esercizio della professione forense il 30/09/2016 con votazione 405/420.