Il delitto di Usura, art. 644 c.p.

Chiunque, fuori dei casi previsti dall’articolo 643, si fa dare o promettere, sotto qualsiasi forma, per sé o per altri, in corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra utilità, interessi o altri vantaggi usurari , è punito con la reclusione da due a dieci anni e con la multa da euro 5.000 a euro 30.000 .

Alla stessa pena soggiace chi, fuori del caso di concorso nel delitto previsto dal primo comma, procura a taluno una somma di denaro od altra utilità facendo dare o promettere, a sé o ad altri, per la mediazione, un compenso usurario.

La legge stabilisce il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari. Sono altresì usurari gli interessi, anche se inferiori a tale limite, e gli altri vantaggi o compensi che, avuto riguardo alle concrete modalità del fatto e al tasso medio praticato per operazioni similari, risultano comunque sproporzionati rispetto alla prestazione di denaro o di altra utilità, ovvero all’opera di mediazione, quando chi li ha dati o promessi si trova in condizioni di difficoltà economica o finanziaria.

Per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito.

Le pene per i fatti di cui al primo e secondo comma sono aumentate da un terzo alla metà:

1) se il colpevole ha agito nell’esercizio di una attività professionale, bancaria o di intermediazione finanziaria mobiliare;

2) se il colpevole ha richiesto in garanzia partecipazioni o quote societarie o aziendali o proprietà immobiliari;

3) se il reato è commesso in danno di chi si trova in stato di bisogno;

4) se il reato è commesso in danno di chi svolge attività imprenditoriale, professionale o artigianale;

5) se il reato è commesso da persona sottoposta con provvedimento definitivo alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale durante il periodo previsto di applicazione e fino a tre anni dal momento in cui è cessata l’esecuzione.

Nel caso di condanna, o di applicazione di pena ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per uno dei delitti di cui al presente articolo, è sempre ordinata la confisca dei beni che costituiscono prezzo o profitto del reato ovvero di somme di denaro, beni ed utilità di cui il reo ha la disponibilità anche per interposta persona per un importo pari al valore degli interessi o degli altri vantaggi o compensi usurari, salvi i diritti della persona offesa dal reato alle restituzioni e al risarcimento dei danni.

L’usura, così come la truffa o la circonvenzione di incapaci, costituisce un altro tipico esempio di reato in contratto. Essa presuppone, infatti, la sussistenza di uno scambio di tipo sinallagmatico tra le parti; spesso si tratta di contratti di mutuo, ma potrebbe anche trattarsi di una locazione o di una compravendita rateale o con apertura di credito o ancora di prestazioni professionali.

Il soggetto attivo del reato può essere chiunque, di qui la sua qualificazione in termini di reato comune. Si noti, invece, con riferimento al soggetto passivo, come il delitto di usura sia configurabile anche in danno di una persona giuridica. L’art. 644 c.p., infatti, prescinde dalla qualità e dalla natura giuridica del soggetto al quale è rivolta la pretesa usuraria, purchè ricorrano gli altri requisiti costitutivi del reato (v. Cass. Sez. II, n. 10942/1988).

Per quanto attiene invece al bene giuridico oggetto di tutela della presente fattispecie, alcuni lo individuano nel patrimonio della parte offesa, altri nella libertà ed autonomia contrattuale, altri ancora nel corretto funzionamento del mercato finanziario.

L’art. 644, per come novellato dalla L. 108/1996, prevede sotto un’unica rubrica tre diverse ipotesi di usura.

L’usura presunta (comma 1), in cui la condotta tipica è integrata dal mero farsi dare o promettere interessi o altri vantaggi usurari in corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra utilità; ove per interessi si intendono il prezzo che si paga per la prestazione ricevuta, e per vantaggi ogni altro tipo di compenso pagato allo stesso scopo che, benchè non patrimoniale, sia economicamente valutabile.

Dall’espressione “altra utilità” è, inoltre, dato evincere la configurabilità tanto dell’usura pecuniaria, che si concretizza con la dazione di denaro da parte dell’agente, tanto dell’usura reale, che invece si materializza nella prestazione di un servizio o di un’attività professionale.

La condotta tipica del reato di usura non richiede che il suo autore assuma atteggiamenti intimidatori o minacciosi nei confronti del soggetto passivo, atteso che tali comportamenti caratterizzano la diversa fattispecie di estorsione. Si noti, comunque, che i due delitti possono concorrere tra loro, ove la violenza o la minaccia, assenti al momento del patto usurario, siano in un momento successivo impiegate per ottenere il pagamento dei pattuiti interessi o degli altri vantaggi usurari (c. Cass. Sez. II, n. 243283/2009).

A differenza delle altre ipotesi, in quella di cui al primo comma rileva l’oggettivo superamento di una certa soglia ai fini della responsabilità penale. La legge stabilisce il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari (norma penale in bianco).

Il tasso usurario legale si determina aumentando di un quarto il tasso medio del tipo di operazione presa in considerazione (art. 2 L. 108/1996). In particolare occorre far riferimento ad un decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze, redatto sulla base di rilevazioni trimestrali del tasso effettivo globale medio (c.d. TEG), comprensivo di commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e spese, escluse quelle per imposte e tasse, riferito all’anno, degli interessi praticati dagli istituti bancari e dagli intermediari finanziari iscritti in appositi albi nel corso del trimestre precedente per operazioni della stessa natura.

L’ignoranza del tasso di usura è irrilevante ai sensi dell’art. 5 c.p., risolvendosi in un’ignoranza della legge penale, salvo che ci si trovi in presenza di una oggettiva ed insuperabile oscurità della norma o del complesso di norme aventi incidenza sul precetto penale (c.d. ignoranza inevitabile).

Il comma 3 disciplina invece l’usura concreta, la quale ricorre allorchè gli interessi, i vantaggi o i compensi, pur inferiori al limite di legge, risultino per le concrete modalità del fatto o in considerazione del tasso medio praticato per operazioni similari, comunque sproporzionati rispetto alla prestazione di denaro o dell’altro utilità. A ciò deve necessariamente aggiungersi la condizione di difficoltà economica o finanziaria in cui deve versare il soggetto che ha dato o promesso gli interessi.

Tale difficoltà deve essere oggettiva. Per difficoltà finanziaria, in particolare, deve intendersi la mancanza, anche momentanea, di liquidità pur a fronte di una condizione economica complessivamente sana; mentre per difficoltà economica si indica una carenza di risorse e di beni in uno stato di dissesto generale.

Le condizioni di difficoltà economica e finanziaria si distinguono dallo stato di bisogno, che integra invece una circostanza aggravante speciale di cui al successivo comma 5, posto che le prime consistono in una situazione meno grave e in astratto reversibile, che priva le vittime di una piena libertà contrattuale, mentre lo stato di bisogno è tendenzialmente irreversibile e pur non annientando in modo assoluto qualunque libertà di scelta, comporta un impellente assillo, tale da compromettere fortemente la libertà contrattuale del soggetto, inducendolo a ricorrere al credito a condizioni sfavorevoli (cfr. Cass. Sez. II, n. 18778/2014).

Infine, il comma due prevede la terza ipotesi di usura, la mediazione usuraria. Essa ricorre nelle ipotesi in cui il reo svolge un’attività di intermediazione tra la vittima e l’usurario, non necessariamente in via professionale, ma anche occasionale, in ragione della quale vengono richiesti vantaggi usurari (cioè superiori al limite) ovvero sproporzionati, se ottenuti da persona in difficoltà economica o finanziaria.

L’elemento psicologico richiesto è il dolo generico, che consiste nella consapevolezza e volontà di conseguire vantaggi usurari ed eventualmente delle difficoltà economica e finanziaria dell’offeso.

Tradizionalmente il reato di usura veniva qualificato quale reato istantaneo con effetti permanenti. Tuttavia tale qualifica risulta oggi incompatibile con il tenore dell’art. 644-ter c.p. (introdotto con L. 108/1996), secondo cui la prescrizione del reato di usura decorre dal giorno dell’ultima riscossione sia degli interessi che del capitale.

Proprio in ragione dell’importanza assegnata dal Legislatore al momento della riscossione, tanto degli interessi quanto del capitale, ne consegue che il delitto d’usura va piuttosto inquadrato nel novero dei reati a condotta frazionata o a consumazione prolungata, perché i pagamenti effettuati dalla persona offesa in esecuzione del patto usurario compongono il fatto lesivo penalmente rilevante, di cui segnano il momento consumativo sostanziale, e non sono più qualificabili come post factum non punibile dell’illecita pattuizione (v. Cass. Sez. II, n. 37693/2014).

Il reato di usura si configura infatti, al pari del reato di corruzione, come reato a schema duplice, che si perfeziona o con la sola accettazione della promessa degli interessi e degli altri vantaggi usurari, non seguita dall’effettiva dazione degli stessi, ovvero, quando questa segua, con l’integrale adempimento, dell’obbligazione usuraria (cfr. Cass. Sez. II, n. 50397/2014).

Viene generalmente ritenuto configurabile il tentativo di usura da parte di chi compia atti diretti in modo non equivoco a farsi dare o promettere interessi o vantaggi usurari.

Concorre nel reato previsto dall’art. 644 c.p. colui il quale, ricevuto l’incarico di recuperare il credito usurario, sia riuscito a ottenerne il pagamento; negli altri casi, l’incaricato risponde invece del reato di favoreggiamento personale o, nell’ipotesi di violenza o minaccia nei confronti del debitore, di estorsione (v. Cass. Sez. V, n. 262308/2014).

L’ultimo comma dell’art. 644, per come modificato dalla più volte citata L. 108/1996, ha introdotto un’ipotesi speciale di confisca obbligatoria che estende la propria operatività oltre che al prezzo del reato anche al profitto. Essa può essere effettuata anche per equivalente, di talchè – venendo meno il nesso di pertinenzialità dei beni oggetti di confisca con il reato commesso – si è ritenuto che essa non costituisca una misura di sicurezza, ma una vera e propria misura sanzionatoria, con conseguente inapplicabilità del principio di irretroattività della legge di cui all’art. 2 c.p.

Venendo, infine, agli aspetti procedurali, trattasi di un reato procedibile d’ufficio e di competenza del Tribunale in composizione collegiale. Sono consentiti il fermo e l’arresto facoltativo in flagranza, nonché la custodia cautelare in carcere e l’applicazione delle altre misure cautelari personali.

Pubblicato da Valeria Citraro

Laureata in Giurisprudenza con 108/110 presso l'Università degli Studi di Catania, con tesi in Diritto Processuale Penale dal titolo "La chiamata in correità. Struttura e Valutazione Probatoria". Abilitata all'esercizio della professione forense il 30/09/2016 con votazione 405/420.