Casi di avocazione delle indagini preliminari

Ai sensi del comma 1, lett. b), dell’art. 51 c.p.p., i magistrati della Procura generale della Repubblica presso la Corte d’appello esercitano le funzioni di pubblico ministero nei soli giudizi di impugnazione, così come accade per i magistrati della Procura generale presso la Corte di Cassazione relativamente a tale giudizio.

Se ne desume, pertanto, che il Procuratore generale presso la Corte di appello risulta privo del potere di svolgere indagini preliminari, anche nelle ipotesi in cui la notizia di reato pervenga direttamente al suo ufficio.

L’unico strumento mediante il quale egli subentra, nella titolarità delle indagini preliminari, al Procuratore della Repubblica del proprio distretto è dato dall’istituto dell’avocazione.

Tale potere non è, invero, generalizzato, ma subordinato a tassative ipotesi previste espressamente dal Legislatore, sì da potersi qualificare l’istituto in parola di natura eccezionale.

Si ha qui cura di evidenziare, incidenter, come dal potere di avocazione delle indagini non sia dato inferire l’esistenza di un rapporto di natura gerarchica tra la Procura generale e gli uffici delle Procure della Repubblica del relativo distretto, i quali rimangono, pertanto, Uffici equiordinati e con distinte funzioni.

I casi di avocazione previsti dal nostro codice di rito possono distinguersi in casi obbligatori e in casi facoltativi, o meglio discrezionali.

Si ha avocazione obbligatoria:

  • nel caso di impossibilità di provvedere, nell’ambito dell’ufficio della Procura della Repubblica, alla tempestiva sostituzione del magistrato designato, a seguito di astensione o incompatibilità ( 372 co. 1 lett. a c.p.p.);
  • nel caso di omessa tempestiva sostituzione del magistrato da parte del capo dell’ufficio, ricorrendo alcune tra le fattispecie che avrebbero imposto al giudice di astenersi o consentito alle parti di ricusarlo ( 372 co. 1 lett. b c.p.p.);
  • o, ancora, nel caso di omessa presentazione, nei termini prescritti, della richiesta di archiviazione ovvero, negli stessi termini, di omesso esercizio dell’azione penale ( 412, comma 1).

Si noti, comunque, come la mancata avocazione, nelle ipotesi in cui le indagini non vengano completate nel termine di legge, non comporta alcuna nullità, non essendo questa tassativamente prevista. In tal caso l’unica conseguenza è l’inutilizzabilità degli atti eventualmente compiuti dopo la scadenza del predetto termine.

Un caso di avocazione, stavolta discrezionale, si configura invece allorquando, nel procedimento per reati di competenza del Tribunale o della Corte d’Assise, il giudice per le indagini preliminari fissi l’udienza in camera di consiglio, non avendo accolto in prima battuta la richiesta di archiviazione presentata dal PM o perché ritenga ammissibile l’opposizione all’archiviazione proposta dalla parte offesa (art. 412, comma 2 c.p.). A tal fine, infatti, della fissazione dell’udienza in camera di consiglio va dato avviso anche al Procuratore generale presso la rispettiva Corte di Appello (v. art. 410, comma 3, c.p.p.).

Ed infatti, l’ingiustificata richiesta di archiviazione, comportando una sorta di rinuncia all’azione penale da parte del PM, viene considerata come ipotesi di inerzia che legittima il Procuratore generale della Corte d’Appello a disporre l’avocazione. Parimenti, si configura un’inerzia del PM allorchè il giudice per le indagini preliminari, richiesto dell’archiviazione, indichi ulteriori indagini da espletare, posto che il PM è in tali casi certamente tenuto ad adempiere quanto richiesto dal giudice.

Una volta intervenuta l’avocazione del procedimento, si è ritenuto – sul punto – che l’eventuale archiviazione disposta dal G.i.p., in mancanza della relativa richiesta del Procuratore generale presso la Corte di Appello, costituisce provvedimento abnorme, posto che, intervenuta l’avocazione, il Procuratore generale non è vincolato alle richieste già avanzate in precedenza dal p.m. (cfr. Cass. Sez. VI, n. 1176/2000).

Nella medesima prospettiva, è consentita l’avocazione delle indagini anche nell’ipotesi in cui il giudice dell’udienza preliminare abbia indicato al pubblico ministero ulteriori indagini da svolgersi ad integrazione di quelle già svolte, ma ritenute incomplete (art. 421 bis, comma 2, c.p.p.).

Si noti, invece, che il medesimo potere non è previsto nel caso di rifiuto del pubblico ministero di chiedere la riapertura delle indagini preliminari ai sensi dell’art. 414 c.p. su richiesta della persona offesa.

Altra ipotesi di avocazione obbligatoria, ma tuttavia oggetto di complesse valutazioni, è quella di cui al comma 1 bis dell’art. 372 c.p., il quale prevede che il Procuratore generale, assunte le necessarie informazioni, dispone con decreto motivato l’avocazione dell’indagini preliminari relative ad una serie di delitti di criminalità organizzata (non coincidenti con quelle di cui al comma 3-bis dell’art. 51), allorquando, trattandosi di indagini collegate, non risulti effettivo il coordinamento prescritto ex art. 371 comma 1 e non abbiano dato esito le riunioni disposte o promosse dal medesimo Procuratore generale anche d’intesa con gli altri Procuratori generali interessati.

Va, inoltre, qui ricordato come il potere di avocazione delle indagini sia riconosciuto anche al Procuratore Nazionale antimafia nelle ipotesi previste dall’art. 371 bis comma 3 lett. b) nn. 1 e 2 c.p.p. (inerzia della attività di indagine e violazione dei doveri del p.m. previsti ai fini di coordinamento delle indagini ai sensi dell’art. 371), per i soli procedimenti riguardanti i delitti tassativamente elencati dal comma 3 bis dell’art. 51.

Al fine di garantire l’efficienza dell’ufficio dell’accusa, gli effetti dell’avocazione disposta nel corso delle indagini preliminari perdurano al di là di tale fase, nell’udienza preliminare e durante l’intero processo di primo grado.

Il Procuratore generale, avocate le indagini, esercita tutti i poteri propri dell’ufficio al quale si è sostituito, ivi compreso, ad esempio, il potere di delegare le funzioni di pubblico ministero all’udienza dibattimentale a taluno fra i soggetti indicati dall’art. 72 L. ord. Giudiziario.

Copia del decreto con cui il Procuratore generale dispone l’avocazione delle indagini va trasmesso sempre al Consiglio superiore della magistratura ed ai Procuratori della Repubblica interessati, affinchè questi possano proporre reclamo presso la Corte di Cassazione, ove lo ritengano opportuno.

Pubblicato da Valeria Citraro

Laureata in Giurisprudenza con 108/110 presso l'Università degli Studi di Catania, con tesi in Diritto Processuale Penale dal titolo "La chiamata in correità. Struttura e Valutazione Probatoria". Abilitata all'esercizio della professione forense il 30/09/2016 con votazione 405/420.