La Sospensione del procedimento con messa alla prova per imputati maggiorenni

La legge del 28 aprile 2014 n. 67, entrata in vigore lo scorso 7 maggio, ha introdotto importanti novità nell’ordinamento penale italiano: prima fra tutte l’istituto della sospensione del procedimento con messa alla prova, già conosciuto nel processo penale a carico di imputati minorenni (art. 28 d.P.R. n. 448 del 1988), ed ora estesa anche agli imputati maggiorenni.

La scelta operata dal legislatore, con il testo di legge in esame, di introdurre la sospensione del procedimento con messa alla prova degli imputati adulti (cd “probation”) ha comportato modifiche:

  1. al codice penale, attraverso nuove disposizioni penali sostanziali contenute negli articoli 168 bis, ter e quater.;
  2. al codice di procedura penale, con le disposizioni contenute negli articoli 464 bis, ter, quater, quinquies, sexies, septies, ostie e novies c.p.p. e nell’art. 657 bis c.p.p., inerente il computo del periodo di messa alla prova in sede di esecuzione della pena;
  3. alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale,di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989 nr. 271, attraverso gli articoli 141 bis e ter previsti al capo X bis, inserito dopo il capo X del testo citato;
  4. al P.R. 14.11.2002 nr. 313– testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di casellario giudiziale, di anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e dei relativi carichi pendenti – attraverso la lett. i-bis dell’art. 3 t. cit

La collocazione degli artt. 168 bis, ter e quater c.p. nel capo I, Titolo VI del libro I del codice porta infatti a ritenere che la sospensione del procedimento con messa prova sia una nuova causa di estinzione del reato e costituisca al tempo stesso un beneficio, e ciò in ragione dell’inserimento delle norme che la prevedano tra quelle relative alla sospensione condizionale della pena e prima di quelle sul perdono giudiziale per i minori.

La collocazione delle disposizioni di cui agli artt 464 bis, ter, quater, quinquies, sexies, septies, ostie e novies c.p.p. nel libro VI (sui procedimenti speciali), dopo il titolo V, nell’ambito del (nuovo) titolo V bis, porta a ritenere che la sospensione del procedimento con messa alla prova per gli adulti costituisca essa stessa un procedimento speciale, nuovo, che si aggiunge dunque al giudizio abbreviato, all’applicazione delle pena su richiesta delle parti, al giudizio direttissimo, al giudizio immediato ed al procedimento per decreto.

A differenza della messa alla prova per l’imputato minorenne, che può essere disposta anche d’ufficio, quella per l’imputato adulto necessita della sua richiesta, che potrà essere formulata in forma orale o per iscritto, personalmente o a mezzo di procuratore speciale.

Una ulteriore differenza rispetto a quanto è stabilito in sede minorile, laddove non è prevista alcuna preclusione né oggettiva né soggettiva, è costituita dal fatto che la richiesta di messa alla prova per l’imputato adulto è formulabile soltanto per i reati sanzionati con la pena pecuniaria ovvero con la pena detentiva esclusiva, congiunta o alternativa, non superiore nel massimo a 4 anni, oppure per quelli contemplati dall’art. 550 del codice di rito penale.

Essa non può poi essere applicata né ai delinquenti e contravventori abituali, né ai delinquenti professionali e per tendenza. Non viene richiamata, peraltro, la figura del recidivo e del recidivo reiterato. Ciò induce a ritenere che il beneficio possa essere concesso anche a soggetti che siano stati già condannati, ponendosi, così, la norma in linea con la normativa introdotta dal d.l. 1 luglio 2013, n.78, conv., con modif., in l.9 agosto 2013, n. 94, che tra le novità più significative annovera proprio l’eliminazione parziale di quegli “automatismi carcerari” che impedivano, o rendevano particolarmente difficile, l’accesso ai benefici penitenziari ed alle misure alternative alla detenzione, ai condannati cui era stata applicata la circostanza della recidiva reiterata.

È escluso, altresì, che il beneficio possa essere concesso per più di una volta.

Nulla è previsto in ordine ai rapporti fra la messa alla prova ed altri benefici. Non è quindi escluso che l’imputato, che abbia beneficiato della messa alla prova, possa usufruire della sospensione condizionale della pena, né che, una volta usufruito della sospensione condizionale, possa essere ammesso alla prova.

La richiesta, che costituisce un atto personalissimo può essere proposta sia dopo la conclusione delle indagini preliminari, sia nel corso delle indagini preliminari, ossia prima che l’azione penale sia stata esercitata.

In quest’ultimo caso è espressamente individuato un termine finale, che si diversifica in ragione dei differenti moduli procedurali. Nel procedimento ordinario la richiesta va avanzata nell’udienza preliminare. Il termine per formulare la richiesta nell’udienza preliminare viene individuato con la medesima formula che viene utilizzata per individuare il termine per la proposizione della richiesta di rito abbreviato («fino a che non siano formulate le conclusioni a norma degli articoli 421 e 422»).

Nel caso si proceda con rito direttissimo e nel procedimento con citazione diretta a giudizio, il termine per formulare la richiesta è costituito dalla dichiarazione di apertura del dibattimento.

Nel giudizio immediato, entro quindici giorni dalla notifica del relativo decreto all’imputato o dalla comunicazione del relativo avviso al difensore.

Nel procedimento per decreto, il termine si identifica con quello previsto dall’art. 461 c.p.p. per l’opposizione.

La richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova può essere avanzata anche nella fase delle indagini preliminari, così come è previsto, anche in sede minorile, per l’applicazione della pena su richiesta di parte e per l’oblazione.

Inoltre, ai sensi dell’art. 141-bis disp. att. c.p.p., «il pubblico ministero, anche prima di esercitare l’azione penale, può avvisare l’interessato, ove ne ricorrano i presupposti, che ha la facoltà di chiedere di essere ammesso alla prova, ai sensi dell’art. 168-bis del codice penale, e che l’esito positivo della prova estingue il reato».

Ovviamente, nell’ipotesi in cui il giudice per le indagini preliminari rigetti la richiesta di messa alla prova risulterà incompatibile a celebrare l’udienza preliminare o il dibattimento, atteso che in tale sede l’istanza potrà essere riproposta.

In linea con quanto stabilito in sede di applicazione della pena su richiesta di parte, il legislatore ha stabilito che il giudice, investito della richiesta di messa alla prova, emette l’ordinanza ammissiva, verificata l’insussistenza delle ragioni che, a norma dell’art. 129 c.p.p., impongono d’ufficio l’immediato proscioglimento dell’imputato.

L’art. 464 bis c.p.p. (ma il discorso non muta qualora la richiesta sia presentata al giudice per le indagini preliminari ai sensi dell’art. 464 ter c.p.p.) prevede che alla richiesta di sospensione del procedimento venga allegato un programma di trattamento elaborato dall’u.e.p.e. ovvero, nel caso in cui non sia stata possibile l’elaborazione del programma, una richiesta di trattamento concordato (in tal caso si potrà chiedere un breve rinvio ad altra udienza, nella quale dovrà esibirsi il programma a pena di inammissibilità della richiesta).

La sospensione del procedimento con messa alla prova è disposta quando il giudice, in base alla gravità del reato e alla capacità a delinquere dell’autore del fatto, consideri idoneo il programma di trattamento presentato e ritiene che l’imputato si asterrà dal commettere ulteriori reati. Giudizi affidati alla discrezionalità del Giudicante.

Il secondo comma dell’art. 168-bis c.p. delinea il contenuto della messa alla prova, imponendo una duplice serie di obblighi: la prestazione di condotte volte all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato, nonché il risarcimento del danno dallo stesso cagionato.

La seconda attività in cui deve consistere la prova è l’affidamento dell’imputato al servizio sociale per lo svolgimento di un programma che può implicare, tra l’altro, attività di volontariato di rilievo sociale, ovvero l’osservanza di prescrizioni relative ai rapporti con il servizio sociale o con una struttura sanitaria, alla dimora, alla libertà di movimento, al divieto di frequentare determinati locali. Ovviamente le prescrizioni cui la norma fa riferimento hanno carattere meramente esemplificativo di guisa che ulteriori prescrizioni potranno essere introdotte nel programma di trattamento.

Presupposto indefettibile della nuova misura è il lavoro di pubblica utilità. Esso consiste in una prestazione non retribuita, attribuita sulla base delle specifiche professionalità ed attitudini lavorative dell’imputato, di durata non inferiore a dieci giorni, anche non continuativi, in favore della collettività, da svolgere in termini che non pregiudichino le esigenze di lavoro, di studio, di famiglia e di salute dell’imputato.

Con grave pregiudizio del principio di legalità, il legislatore si è limitato poi ad indicare il limite inferiore della durata, mentre nulla è disposto circa la durata massima dell’attività; e, all’inverso, è indicato il limite massimo delle durata giornaliera, che non può superare le otto ore ma non è previsto il limite minimo.

Ai sensi del quarto comma dell’art. 464-quater c.p.p., al giudice è consentito integrare o modificare il programma di trattamento, con la previsione di ulteriori obblighi e prescrizioni, servendosi delle informative relative alle condizioni di vita personale, familiare, sociale ed economica dell’imputato, previste dal quinto comma dell’art. 464-Bis del codice di rito penale. Le modifiche sono subordinate al consenso dell’imputato.

La sottoscrizione dell’ordinanza di ammissione della prova da parte dell’imputato determinerà il decorso del termine di sospensione del procedimento che non potrà superare i due anni nell’ipotesi di reati per i quali è prevista la pena detentiva sola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria, mentre non potrà essere superiore ad una anno nell’ipotesi di reati per i quali è prevista la sola pena pecuniaria. Il termine non tollera proroghe, così come sembra deducibile dal disposto dal quarto comma del nuovo art. 141-ter, co. 4, disp. att. c.p.p., secondo cui gli uffici dell’esecuzione penale esterna possono proporre eventuali abbreviazioni ma non anche estensioni del programma di trattamento.

Affinché l’istituto non si risolva in una sorta di gratuita impunità per l’imputato, è prescritto che durante il periodo di sospensione del procedimento con messa alla prova il corso della prescrizione del reato è sospeso. La natura personale della causa sospensiva, preclude l’applicazione dell’art. 161 c.p. Peraltro, nell’ipotesi di processo soggettivamente cumulativo, il giudice potrà disporre la separazione ex art. 18,co. 1,lett. b),c.p.p., essendo stata concepita la norma proprio al fine di risolvere la questione concernente l’interesse dei coimputati a non subire il rallentamento del giudizio nei loro confronti dovuto alla sospensione del processo, qualora questa coinvolga solo alcuni tra gli accusati.

L’art. 464-quinquies c.p.p. stabilisce il termine entro il quale devono essere adempiute le prescrizioni e gli obblighi relativi alle condotte riparatorie o risarcitorie imposti, disponendo, altresì, che esso può essere prorogato, su istanza dell’imputato, non più di una volta e soltanto per gravi motivi, ossia per esigenze gravi dell’imputato, mentre il giudice, soltanto con il consenso della persona offesa, può autorizzare il pagamento rateale delle somme eventualmente dovute a titolo di risarcimento del danno. L’ordinanza ammissiva della messa alla prova è immediatamente trasmessa all’UEPE che deve prendere in carico l’imputato.

Nel corso dell’esecuzione della misura l’UEPE dovrà, secondo la cadenza stabilita nel provvedimento di ammissione, e comunque entro un periodo non superiore a tre mesi, informare il giudice dell’attività svolta e del comportamento dell’imputato, proponendo, ove necessario,modifiche al programma di trattamento, eventuali abbreviazioni di esso ovvero, in caso di grave e reiterata trasgressione, la revoca del provvedimento di sospensione.

Alla scadenza del periodo di prova l’UEPE trasmette al giudice una relazione dettagliata sul decorso e sull’esito della prova medesima.

Infine, il co. 6 dell’art. 141-ter c.p.p. provvede a garantire il diritto di difesa, disponendo che le relazioni periodiche e quella finale dell’UEPE sono depositate non meno di dieci giorni prima dell’udienza fissata per la valutazione dell’esito della messa alla prova, con facoltà per le parti di prenderne visione ed estrarne copia.

Nella fase esecutiva è prevista un’ulteriore possibilità per il giudice di modificare le prescrizioni originariamente previste nel programma di trattamento, ferma restando la congruità delle nuove prescrizioni rispetto alle finalità della messa alla prova. In tal caso è prevista soltanto l’audizione del soggetto ammesso alla prova e non anche il suo consenso come, invece, è richiesto qualora il giudice intenda integrare o modificare il programma di trattamento ex art. 464-quater, co. 4, c.p.p.

Durante la sospensione del procedimento con messa alla prova il giudice, con le modalità stabilite per il dibattimento, acquisisce, a richiesta di parte, le prove non rinviabili e quelle che possono condurre al proscioglimento dell’imputato.

In merito all’ambito degli atti consentiti durante la sospensione del processo,il richiamo dell’art. 467 c.p.p. all’art. 392 c.p.p., permette di affermare che i parametri da considerare per determinare gli atti istruttori, che è possibile compiere durante la sospensione, siano sostanzialmente riconducibili a quelli contemplati per l’incidente probatorio, intendendosi per atto non rinviabile quello che non può essere differito nel tempo, da espletare senza ritardo e tale in seguito ad una valutazione prognostica in ordine alla presenza di contingenti fattori di rischio che non consentirebbero la riassunzione o l’utile riassunzione in dibattimento della prova.

Al fine di individuare la specie di invalidità applicabile in caso di procedimenti probatori compiuti contra ius durante la sospensione procedimentale, il rinvio obbligato va alla figura della inutilizzabilità, da intendersi quale paradigma deontico di qualificazione normativa afferente ad atti processuali penali di rilevanza probatoria.

La revoca della sospensione del procedimento con messa alla prova è prevista nelle seguenti ipotesi tassative: 1) grave o reiterata trasgressione al programma di trattamento o alle prescrizioni imposte; 2) rifiuto alla prestazione al lavoro di pubblica utilità; 3) commissione, durante il periodo di prova, di un nuovo delitto non colposo ovvero di un reato della stessa indole rispetto a quello per cui si procede.

Revocata la sospensione, l’imputato non avrà più la facoltà di scegliere ulteriori riti premiali. La prerogativa appare esclusa dall’inquadramento dell’istituto fra i procedimenti speciali di natura premiale, dal momento che, altrimenti, il soggetto revocato dalla messa alla prova godrebbe di vantaggi ingiustificati. Inoltre, osterebbe alla facoltà la distinzione e la differenza fra i singoli riti premiali, che escludono la possibilità di cumularne i benefici e di convertire un rito nell’altro.

In caso di revoca del beneficio, il pubblico ministero, considerato il carattere afflittivo della prova, nel determinare la pena da eseguire, detrae un periodo corrispondente a quello della prova eseguita, secondo un criterio di ragguaglio che equipara tre giorni di prova a un giorno di reclusione o di arresto ovvero a 250 euro di multa o di ammenda.

Il comma settimo del nuovo art. 464-quater c.p.p. dispone che contro l’ordinanza che decide sull’istanza di messa alla prova possono ricorre per cassazione l’imputato e il pubblico ministero, anche su istanza della persona offesa, mentre quest’ultima può impugnare autonomamente il provvedimento per omesso avviso dell’udienza o per omessa audizione nel corso dell’udienza.

Il riferimento della norma all’ordinanza che decide sull’istanza di messa alla prova non dovrebbe generare dubbi circa la possibilità di proporre ricorso per Cassazione sia avverso le ordinanze che ammettono la misura sia avverso quelle che rigettano la relativa richiesta.

Il nuovo art. 464-septies c.p.p. dispone che, decorso il periodo di sospensione del procedimento con messa alla prova, il giudice dichiara estinto il reato se, tenuto conto del comportamento dell’imputato e del rispetto delle pre-scrizioni stabilite, ritiene che la prova abbia avuto esito positivo. A tal fine acquisisce la relazione conclusiva dell’UEPE e fissa l’udienza per la valutazione, dandone avviso alle parti e alla persona offesa.

Problematica –come è noto –è la precisa delimitazione della nozione di esito positivo della prova.

In caso di esito negativo della prova –così ricostruito l’istituto –il giudice dispone con ordinanza la prosecuzione del procedimento, che dovrà riprendere dal momento in cui è stata disposta la sospensione.

Fonte: GIUSEPPE TABASCO, La sospensione del procedimento con messa alla prova degli imputati adulti, www.archiviopenale.it .

Pubblicato da Valeria Citraro

Laureata in Giurisprudenza con 108/110 presso l'Università degli Studi di Catania, con tesi in Diritto Processuale Penale dal titolo "La chiamata in correità. Struttura e Valutazione Probatoria". Abilitata all'esercizio della professione forense il 30/09/2016 con votazione 405/420.