Procedimenti speciali: il giudizio abbreviato

Il giudizio abbreviato è quel procedimento speciale, in cui il Giudice, su richiesta dell’imputato, decide sul merito della causa utilizzando gli atti contenuti nel fascicolo delle indagini (c.d. giudizio allo stato degli atti).

Il rito abbreviato si differenzia dal rito ordinario (di qui la specialità del rito) per eliminare la fase del dibattimento. Ecco perché l’unico presupposto per l’accesso al rito è rappresentato dalla richiesta dell’imputato, costituendo il diritto al dibattimento un aspetto fondamentale del diritto di difesa.

Di fronte al sacrificio difensivo dell’imputato nella scelta di tale rito, ispirato come tutti i procedimenti semplificati a ragioni di economia processuale, il nostro sistema processuale prevede un beneficio di tipo premiale: la riduzione della pena di un terzo.

Rispetto al testo originario contenuto nel codice del 1988, il giudizio abbreviato ha subito notevoli modifiche. E’ scomparso ad esempio il consenso del Pubblico Ministero all’instaurazione del rito.

Per l’instaurazione del giudizio abbreviato, occorre – ad oggi – la sola richiesta dell’imputato. A tal fine, si distingue tra richiesta semplice e richiesta condizionata (alla concessione di un’integrazione probatoria).

L’imputato infatti, anziché limitarsi a chiedere il giudizio abbreviato, può subordinare tale richiesta ad un integrazione probatoria necessaria ai fini della decisione (v. art. 438, comma 5, c.p.p.). Il Giudice dispone il giudizio abbreviato, ove l’integrazione probatoria chiesta dall’imputato sia necessaria ai fini della decisione e compatibile con le finalità di economia processuale proprie del rito. In tal caso, il Pubblico Ministero ha diritto a chiedere l’ammissione di prova contraria.

Ove, invece, il Giudice rigetti la richiesta condizionata, l’imputato può proporre una nuova richiesta fino al momento in cui questa è ammissibile. Il termine ultimo per presentare la richiesta è, infatti, dato dalla formulazione delle conclusioni nell’udienza preliminare. Tuttavia, la legge dispone che il Giudice del dibattimento, in limine litis, debba prendere visione degli atti contenuti nel fascicolo del Pubblico Ministero e verificare se effettivamente vi era la necessità di assumere la prova richiesta dall’imputato; se accerta che era necessaria, il Giudice instaura il giudizio abbreviato nella fase introduttiva del dibattimento, essendo indubbio che il diniego del rito comporti effetti rilevanti in tema di sanzione penale. Se, invece, il Giudice – in limine litis – rigetta nuovamente la richiesta di abbreviato, ma si renda conto, tuttavia, della sussistenza dei presupposti per accoglierla al termine del dibattimento, egli dovrà applicare la riduzione di pena in sentenza.

Il Giudice ammette l’imputato al giudizio abbreviato con ordinanza. Il procedimento si svolge, di regola, in camera di consiglio  e si osservano le disposizione relative all’udienza preliminare (cfr. art. 441 c.p.p.); tuttavia, se ne fanno richiesta tutti gli imputati, è possibile procedere in pubblica udienza.

Il giudizio abbreviato su richiesta semplice non permette, di regola, la modifica dell’imputazione (a differenza che del c.d. giudizio abbreviato condizionato), a meno che il Giudice non provveda all’integrazione probatoria. All’esito del giudizio, infatti, il Giudice, se ritiene di non poter decidere allo stato degli atti, può disporre anche d’ufficio un’integrazione probatoria (art. 441, comma 5, c.p.p.).

Generalmente, la richiesta di rito abbreviato avviene nell’udienza preliminare. Tuttavia, nel caso ricorra uno di quei riti speciali che eliminano l’udienza preliminare (giudizio direttissimo, immediato e procedimento per decreto) l’imputato può comunque chiedere l’abbreviato al momento della loro instaurazione.

Una volta ammesso l’imputato al giudizio abbreviato, la parte civile può:

  1. non accettare il rito e in tal caso l’eventuale sentenza di assoluzione emessa al termine del giudizio non avrà effetto di giudicato nel relativo giudizio civile;
  2. accettare, in modo implicito o esplicito, il rito e in tal caso subire l’efficacia del giudicato di assoluzione.

L’imputato non può, di regola, proporre impugnazione contro le sentenze di proscioglimento, ma può appellare le sentenze di assoluzione per non imputabilità dell’imputato per vizio totale di mente. Allo stesso modo, il Pubblico Ministero non può proporre appello avverso le sentenze di condanna, a meno che il Giudice non abbia modificato il titolo di reato.

Al di fuori di queste ipotesi, la sentenza emessa all’esito del giudizio abbreviato è equiparata a quella dibattimentale e, dunque, assoggettabile ai medesimi mezzi d’impugnazione, con osservanza della medesima disciplina sui termini.

La parte civile può proporre impugnazione ai soli effetti della responsabilità civile, quando ha consentito all’abbreviazione del rito.

Pubblicato da Valeria Citraro

Laureata in Giurisprudenza con 108/110 presso l'Università degli Studi di Catania, con tesi in Diritto Processuale Penale dal titolo "La chiamata in correità. Struttura e Valutazione Probatoria". Abilitata all'esercizio della professione forense il 30/09/2016 con votazione 405/420.